Consorzio delle Venezie, Pinot grigio Stile italiano

Albino Armani presidente Consorzio Doc delle VenezieAlbino Armani è un vignaiolo appassionatio, convinto che «il suo sia il più bel lavoro del mondo e che mettere le mani nella terra per farla diventare vino sia il più bel mestiere che potesse capitargli di fare nella vita». Ma è anche un uomo determinato, capace di mediare e di fare squadra: caratteristiche indispensabili, che usa sicuramente in dosi massicce, quando mette l’abito di presidente del Consorzio Doc delle Venezie. La neonata denominazione che governa, promuove e custodisce il Pinot grigio, stile italiano, ovvero il vino bianco fermo più conosciuto al mondo, e anche la denominazione che si aggiudica da sola l’85% dell’intera produzione nazionale e il 42% di quella mondiale. Tanta roba e grandi numeri: 26.400 ettari di vigneti, tra le maggiori estensioni europee di un’unica varietà, 10 mila produttori, 362 imbottigliatori, 90 vini.
Raccordare e mettere ordine in questo ben di Dio spalmato in tre differenti regioni, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino; aumentarne la qualità; definirne lo stile per distinguerlo in maniera precisa dalle altre più piccole produzioni e governare il mercato per garantire valore e reddito costante a tutta la filiera: sono queste le direttrici che guidano il cammino del nuovo Consorzio che ha volutamente legato la sua immagine a un simbolo famoso a livello planetario come il ferro della gondola veneziana.
Il tutto, scandisce Armani, con ì’appoggio «degli altri 19 Consorzi di tutela che condividono con noi questo progetto”, definendo un metodo di lavoro «che si chiama condivisione», puntando «in modo maniacale sul controllo di qualità dell’intera filiera» e soprattutto cercando «di trovare un equilibrio tra domanda ed offerta , premessa decisiva per la creazione del valore”.

Conzorzio Doc delle VenezieEd è solo l’inizio. La Doc ha obiettivi ambiziosi, come ha rilevato il primo summit internazionale sul Pinot grigio, svoltosi in ottobre a Venezia su iniziativa del Consorzio e il contributo professionale di Civiltà del Bere, storica testata diretta da Alessandro Torcoli.
E d’altra parte i potenziali di sviluppo ci sono tutti e possono essere davvero importanti a patto di «cambiare linguaggio», sottolinea Armani, mantenendo fermo il controllo su una produzione da oltre 200 milioni di bottiglie in modo da governare il posizionamento sul mercato e la valorizzazione di questo vino-vitigno italiano dalle caratteristiche oggi più definite. Grazie anche alla costituzione della Triveneta Certificazioni e al lavoro di più di 50 commissioni d’assaggio.


Vino familiare su tante piazze nel mondo, anche per la sua indiscutibile facilità di abbinamento con il cibo, il Pinot grigio deve in particolare la sua affermazione ai suoi due mercati di riferimento, quello americano e quello inglese. Usa e Uk si aggiudicano da soli il 70% dell’export totale di Pinot grigio. Ma in un mercato così complesso e concorrenziale come quello attuale, ciò non basta per vivere sugli allori. «Abbiamo numeri straordinari, ma dobbiamo restare affamati e mantenere la grinta per raggiungere nuovi consumatori, rafforzando la filiera in un’ottica di vero distretto», ha sostenuto Ettore Nicoletto, ad del gruppo Santa Margherita che ha portato il Pinot grigio in Usa 50 anni fa, collocandosi fin dall’inizio al vertice della scala dei prezzi: oggi il marchio veneto distribuisce in America 7,5 milioni di bottiglie a un prezzo medio di 22 dollari.
L’inglese Emma Dawson Master of Wine e senior buyer Berkmann wine cellar ha parlato chiaro: “E’ necessario lavorare per non essere i più economici nella lista dei vini, perché basta ottenere anche un piccolo premium price per essere distintivi. Il Pinot grigio delle Venezie ha la possibilità di posizionarsi tra i Pinot grigio premium, con grandi potenzialità di crescita nel mercato purché sia in grado di raccontare una forte identità territoriale e una riconoscibilità organolettica.”
Stessa musica sul mercato statunitense: «Nonostante la forte pressione dei Pinot gris americani, il Pinot grigio italiano resta sempre un vino molto apprezzato dal consumatore medio. E’ però necessario lavorare sulla qualità, sull’identità territoriale e sul packaging per promuovere una nuova immagine della DOC delle Venezie presso sommelier e opionion leader», ha detto Christy Canterbury, Master of Wine e giornalista di New York, aggiungendo che a suo avviso c’è spazio di crescita nella fascia di prezzo tra 10 e 25 dollari.
Insomma Il Pinot grigio delle Venezie deve, fortissimamente deve, cambiare mentalità e quindi passo, con un grosso impegno promozionale e di informazione, allontanando da sé l’immagine di commodity che lo condanna ai margini dell’interesse di nuove fasce di consumatori, a cominciare dai giovani.
Del resto non si tratta di un vinello qualunque: «A dispetto dell’immagine di semplicità della varietà, il Pinot grigio è un vitigno molto difficile da coltivare, al di fuori del suo optimum climatico, e che richiede una cultura e una tradizione viticola che dovremmo valorizzare in termini di comunicazione come elemento di valore della Doc», ha sostenuto Alberto Marchisio, dg di Cantine Vitevis, tra i gruppi cooperativi più attivi nella denominazione, come anche Mezzacorona, Cavit, Vivo Cantine, Collis Veneto.

«I grandi marchi che operano all’interno del Pinot grigio devono investire in questa denominazione ed è anche necessario operare una forte differenziazione nel segmento Pinot grigio», ha detto Sandro Sartor, dg di Constellation brands Europe, Middle east, Africa e della Ruffino, il gruppo toscano che ha investito pesantemente nell’area delle Venezie.

E a proposito di grandi protagonisti e di grandi marchi, non c’è dubbio che tutti indifferentemente abbiano interesse a che la base della denominazione, appunto la neonata Doc delle Venezie, mantenga un suo standing rispettabile e riconoscibile, a protezione dell’intera grande famiglia del Pinot grigio.

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