Classifica 2015: L’analisi, le prime cinque

< La classifica 2015  L’analisi, da 166 a 80 milioni >

Francesco, Domenico e Michele Zonin, Zonin 1821

Francesco, Domenico e Michele Zonin, Zonin 1821

E’ la più  importante novità della graduatoria 2015: dopo anni di assoluto predominio, un gruppo privato ha rotto il monopolio delle Coop alla testa del mercato. L’exploit è della Zonin 1821 che con 186 milioni di fatturato ha conquistato la terza posizione sul podio, affiancando nella tribuna d’onore Cantine Riunite & Civ, numero uno del mercato con 547 milioni di fatturato e Caviro, inossidabile seconda, con 226 milioni. Il gruppo veneto di proprietà della famiglia Zonin, ha sfoderato un incremento del fatturato del 16%, grazie soprattutto al lavoro sui mercati esteri (+23%) caratterizzato da una crescita omogenea in tutte le piazze. La performance è firmata dalla nuova gestione aziendale dell’ad Massimo Tuzzi, partita un anno fa: «Abbiamo rispettato in pieno i tre obiettivi del mandato: aumento della redditività aziendale, miglioramento del posizionamento delle cantine di famiglia e diminuzione della posizione finanziaria netta» dice Tuzzi. «E quel che conta è che i numeri del primo trimestre 2016 siano ancora più brillanti, con un incremento del 35% in volumi e del 43% in valore». Presieduta da Domenico Zonin, regista del gruppo con i fratelli Francesco e Michele (entrambi vicepresidenti), la cantina vicentina può contare sui 1800 ettari di proprietà della famiglia al servizio di 9 cantine in altrettante aree della penisola, come Castello d’Albola in Toscana o Cà Bolani in Friuli.

Corrado Casoli, presidente Cantine Riunite & Civ e Giv

Corrado Casoli,
presidente Cantine Riunite & Civ e Giv

Qualunque cosa avvenga alle sue spalle non preoccupa la prima della classe Cantine Riunite & Civ, che resta beatamente al vertice dell’industria nazionale del vino, grazie al controllato Giv, maggiore singolo protagonista del mercato italiano, con più di 358 milioni di consolidato e 15 cantine storiche in 11 regioni, da Bolla a Nino Negri, da Fontana Candida a Rapitalà, da Cavicchioli a Melini. Leader nella produzione di Lambrusco e vini frizzanti, la capogruppo Riunite raccoglie sotto il suo cappello 2 mila soci viticoltori e una ventina di cantine sociali. I risultati in flessione sul mercato italiano risentono della chiusura del contratto di distribuzione dei prodotti Carpenè Malvolti: «Escludendo questa partita si avrebbe una crescita del 2,5%», precisa Corrado Casoli, presidente di Riunite e Giv, sottolineando piuttosto il progresso all’export. «Siamo presenti in molte piazze con nostre società di distribuzione, abbiamo avuto la soddisfazione di crescere del 12% anche a casa dei nostri cugini francesi e siamo state tra le prime società a investire in Cina, dove siamo operativi dal 2015 con una nostra società di trading a Shangai guidata dal dg Marco Pizzoli».

Sergio Dagnino, direttore generale Caviro

Sergio Dagnino, direttore generale Caviro

Al secondo posto si conferma la Caviro di Faenza (Ravenna), con 226 milioni relativi alla divisione vino, pari al 73% del suo consolidato comprendente anche distillerie ed energia, gli altri due settori, oltre al vino, nei quali si riversano gli investimenti aziendali sul fronte della sostenibilità, pari a oltre 100 milioni di euro negli ultimi sei anni. 32 cantine socie e 11.675 viticoltori, la Caviro, guidata dal dg Sergio Dagnino è il maggiore produttore d’uva (rappresenta più del 10% dell’intera produzione nazionale) e anche il primo attore nella Gdo con una quota di mercato superiore all’8%. Nel suo portafoglio marchi ultra popular come il Tavernello o il Castellino, ma anche Il Brunello della Cantina di Montalcino o l’Amarone Gerardo Cesari. Il Consorzio sta potenziando la capacità distributiva all’estero, come dimostra l’incidenza dell’export sul fatturato passata dal 29% al 30,3%: «Stiamo lavorando molto bene e i risultati sarebbero maggiori senza la battuta d’arresto in Russia, nostro terzo mercato, cui siamo andati incontro con un extrasconto per fronteggiare la svalutazione del rublo», dice Dagnino. Quanto al lavoro in Italia la flessione dei valori è dovuta in parte all’andamento dei prezzi e in parte ai cosiddetti premi di fine anno alle varie catene di distribuzione che Caviro non trasferisce nei costi. In crescita i volumi:«il 2015 è stato l’anno del record con 190 milioni di litri lavorati».

Albiera, Allegra, Alessia con il padre Piero Antinori, Marchesi Antinori

Albiera, Allegra, Alessia con il padre Piero Antinori
Marchesi Antinori

Si conferma al quarto posto, con 180,3 milioni di consolidato nella sola area vino, la Marchesi Antinori, griffe celebre nel mondo. Da 9 secoli e 26 generazioni la casata fiorentina alla guida dell’azienda colleziona vigne: Piero Antinori con le figlie Albiera, Allegra e Alessia possiedono oggi 2.691 ettari di vigneti: la più importante proprietà viticola privata che assegna ancora una volta ad Antinori  la medaglia d’oro nella speciale graduatoria in cui gareggiano le famiglie titolari delle più grandi vigne. «Il vigneto è un asset vitale per Antinori che non è mai cresciuta acquistando marchi ma puntando sulla produzione e investendo su quello che ha», racconta Renzo Cotarella, enologo e ad di un’azienda che si conferma anche al vertice della redditività 2016: l’ebitda pari al 42,3% del fatturato rappresenta infatti il valore più elevato del mercato, tenuto conto dell’entità del suo giro d’affari. «La redditività è importante: un buon risultato consente di avere cura del dettaglio tutti i giorni, conservare un’anima artigiana, avere un livello di visibilità elitario». Che è perfino scontato quando la propria casa è quella splendida cattedrale del vino che è Antinori nel Chianti classico o quando si producono etichette cult come Tignanello, Solaia, Cervaro della Sala.

Fabio Maccari dg Mezzacorona, Luca Rigotti presidente,  jack Ma patron di alibaba

Fabio Maccari dg Mezzacorona, Luca Rigotti presidente, jack Ma patron di alibaba

Ed eccoci al quinto posto con il gruppo Mezzacorona, titolare di un fatturato di 166,8 milioni: la coop trentina presieduta da Luca Rigotti, dopo tre anni consecutivi sul podio, fa un passo indietro, restando in ogni caso al vertice della cooperazione. Coop di primo grado, 1600 soci, l’azienda produce vini noti come lo spumante Rotari, e controlla tutta la filiera produttiva, dall’uva allo scaffale, e rappresenta circa il 40% della viticoltura trentina con un impegno forte sul fronte della sostenibilità: «Il Trentino riuscirà ad avere la certificazione ministeriale per la produzione integrata» assicura Rigotti, alla testa di una delle cantine italiane più social: «Dal 2013 abbiamo investito molto su questo fronte e riteniamo che i social network siano uno strumento ideale per avere un contatto e un riscontro immediato con i consumatori», sostiene Fabio Maccari dg Mezzacorona. Non a caso la coop trentina è stata una delle pochissime aziende che in occasione del Vinitaly ha ricevuto la visita di Jack Ma, patron di Alibaba, colosso e-commerce cinese. E d’altra parte Mezzacorona già opera in Cina con una propria organizzazione commerciale ed è molto attiva anche su Amazon.

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