Puglia: cinque cantine, cinque primati

nero-di-troiaL’uva è tutta in cantina e la qualità non mancherà. Ma certo  la vendemmia 2016 ha regalato non pochi batticuori ai viticoltori pugliesi, per colpa di un andamento climatico particolarmente difficile. In attesa del consuntivo, le prime stime dell’Assoenologi  hanno calcolato un aumento della produzione del 10% rispetto al 2015, con buone attese sulla qualità.  Naturalmente ogni azienda ha la sua storia e le sempre maggiori capacità in vigna e in cantina fanno il resto. L’incontro con 5 belle aziende della regione è stata l’occasione per fare il punto sull’attività e sui premi conquistati dai loro vini. E soprattutto ci ha fatto scoprire 5 particolari primati.

 

Torrevento, il primo Nero di Troia

torreventoBase operativa in un antico monastero benedettino del Settecento, Torrevento si trova al centro del parco rurale dell’alta Murgia, una terra in cui la pietra la fa da padrona (e la vite ringrazia), a un tiro di schioppo dal suggestivo Castel del Monte. Nata agli inizi del secolo scorso, dopo un lungo percorso da venditrice di vino sfuso, nel 1948 l’azienda passa sotto le cure della famiglia Liantonio, per fare un decisivo salto di qualità nel 1989 sotto la gestione di Francesco Liantonio, presidente della cantina (oltre che responsabile export)  condotta  assieme al cugino Gianrocco, direttore del mercato italiano. Liantonio è anche il presidente del Consorzio di tutela vini doc Castel del Monte, il cui vitigno principe e più rappresentativo è il Nero di Troia, il terzo più diffuso vitigno autoctono a bacca rossa della regione (circa 2500 ettari nel centro nord della Puglia) che per decenni ha viaggiato in lungo in largo per l’Italia, e non solo, per dare corpo e colore ai più fragili vini di altre regioni. Quel tempo del vino da taglio è morto e sepolto. Da oltre un decennio il Nero di Troia ha iniziato una nuova vita ed è oggi al centro di un ambizioso programma di promozione e di riconoscimento anche all’estero.

A dare il là al nuovo corso è stata proprio Torrevento: la prima bottiglia di Nero di Troia al 100% è infatti il Vigna Pedale, l’etichetta più nota e più premiata della cantina di Liantonio. «Si tratta di un vitigno difficile che normalmente è trattato in abbinamento ad altri vitigni», conferma Alessandra Tedone, responsabile della qualità e della progettazione aziendale, «Torrevento ha sempre creduto nelle sue potenzialità ed è stata la prima cantina a vinificarlo in purezza».

250 ettari di proprietà, più altri 200 in conduzione, Torrevento  è una delle più grandi realtà vitivinicole private pugliesi e figura anche nella classifica delle maggiori aziende vitivinicole italiane con un fatturato che ha superato i 13,5 milioni nell’ultimo esercizio. La produzione di 2,5 milioni di bottiglie è indirizzata per il 75% all’export e raccoglie tutta la gamma dei vini pugliesi, a cominciare dal Nero di Troia. L’etichetta di punta è il sontuoso Ottagono Nero di Troia docg Castel del Monte, mentre il vino più conosciuto è appunto il Vigna Pedale, Nero di Troia docg in purezza, dal ricco medagliere.

 

I Pàstini, il primo Minutolo

gianni-carparelli-i-pastiniNella Valle d’Itria terra dei trulli, e precisamente a Martina Franca (Taranto), c’è la casa dei Pàstini, azienda di proprietà della famiglia Carparelli che ha battezzato la sua cantina con un nome che deriva da un antico strumento per la lavorazione della terra, il pastinum, una specie di zappa che serviva a fare le buche dove mettere a dimora le viti.

«Nasciamo come viticoltori desiderosi di riscoprire i vitigni autoctoni della nostra regione», racconta Gianni Carparelli detto Nico, «e poichè la terra che accoglie i nostri vigneti è vocata ai bianchi abbiamo puntato in particolare sulla Verdeca, sul bianco di Alessano e sul Minutolo, vitigno quest’ultimo che siamo stati i primi a vinificare nel 2003, partendo con 2 mila bottiglie». Primo impianto nel 2001, oggi l’azienda conta 12 ettari vitati spalmati nel territorio compreso tra Locorotondo e Martina Franca e da quattro anni ha ultimato la sua cantina che ospita l’attuale produzione di 80 mila bottiglie. Operando secondo i dettami dell’agricoltura biologica, l’azienda ha sofferto forse più di altre per i capricci del clima vendemmiando in anticipo sui tempi canonici, ma la qualità in cantina è comunque assicurata: «E’ in anni come questi che si misura la bravura dell’enologo e la sua capacità di affrontare e vincere le difficoltà», sottolinea Carparelli.

I Pastini lavora esclusivamente nel canale horeca, con  l’obiettivo di potenziare gradualmente l’impegno sui mercati esteri che oggi assorbono solo il 25% della produzione fin qui molto concentrata in Puglia. L’ammiraglia della cantina è il Rampone Valle d’Itria, fragrante Minutolo in purezza, mentre la prima etichetta del Bianco di Alessano è il Cupa Valle d’Itria Igp.  Tra le altre valide etichette, spicca un rosato di rango da uve Susamiello,  battezzato Le Rotaie, (perché le vigne di cui è figlio sono attraversate dai binari della ferrovia locale) che è stato giudicato tra i 10 migliori rosati d’Italia 2016 dalla Gazzetta dello Sport. Buoni voti anche da Robert Parker.

 

Cantine Due Palme: la prima bollicina made in Salento

Assunta De Cillis e Angelo Maci Cantine Due Palme

Assunta De Cillis e Angelo Maci Cantine Due Palme

Mille soci, 2500 ettari tra le province di Brindisi, Lecce e Taranto, più di 26 milioni di fatturato, la cooperativa Cantine Due Palme è la maggiore realtà vitivinicola pugliese e una delle più grandi aziende del mezzogiorno. Base a Cellino San Marco, la coop nata per iniziativa dell’enologo Angelo Maci, presidente della cantina ininterrottamente da 27 anni, è stata protagonista attiva di una serie di aggregazioni (processo non comune soprattutto al sud): l’ultima quella di Arnesano-Monteroni, che ha portato in dote alla Due Palme la Dop Copertino facendo salire a 7 le doc di proprietà. Su questi fondamentali si è innestata la nuova gestione di Assunta De Cillis e la Cantine Due Palme ha cambiato passo, puntando forte sul riposizionamento del marchio.

Nuove etichette finalizzate alla presenza nel canale horeca, una linea dedicata alla Gdo, più estero, e iniziative importanti, come l’investimento di 1,5 milioni per l’impianto di produzione delle bollicine extra dry Amaluna da uve Negroamaro made in Salento, pensate per conquistare il pubblico dei più giovani. L’obiettivo è di produrne mezzo milione di bottiglie nel triennio, approfittando opportunamente dell’onda lunga che sta interessando tutto il comparto degli spumanti, e le prime uscite hannoamaluna superato le aspettative.

Va da sé che la Puglia evoca prima di tutto vini rossi e sono tre quelli che compongono la neonata Selezione del presidente: l’Ettamiano, Primitivo che prende il nome del nonno di Maci; il 1943 (anno di nascita di Maci), blend di Primitivo e Aglianico e il Salice Salentino Selvarossa. Quest’ultima una delle etichette più note della cantina che ha conquistato per il decimo anno consecutivo i 3 bicchieri del Gambero Rosso e per il quarto i 5 grappoli di Bibenda. E a proposito di premi l’Ettamiano è tra i 5 Primitivi segnalati dalla Guida dell’Espresso, mentre il Serra, da uve Susamiello figura tra gli oscar qualità prezzo della Guida Berebene.

Archiviata la vendemmia 2016, con 256 mila quintali complessivi di uva, la Cantine Due Palme si prepara ora all’appuntamento di dicembre con i soci per il rinnovo del presidente: 100 contro 1 che Maci sarà confermato per acclamazione per il prossimo triennio: scommettiamo?

 

Cantine Soloperto, il primo Primitivo

ernesto-soloperto«Vendemmia importante sia come qualità che come quantità, una delle migliori degli ultimi anni, specie per quanto riguarda il nostro principale vitigno, il Primitivo»: Ernesto Soloperto, proprietario delle Cantine Soloperto, è soddisfatto. L’azienda di famiglia che porta il suo nome ha sede a Manduria, nella Puglia che si affaccia sullo Ionio e un tempo si chiamava Magna Grecia, ed è una realtà dalla lunga storia che prende le mosse ai primi del Novecento.

«Il primitivo di Manduria è stato di fatto inventato da mio padre Giovanni che già negli anni Sessanta imbottigliava il Primitivo in purezza e si è battuto con forza perché nel 1975 fosse creata la Doc Primitivo di Manduria, incontrando tanta resistenza» racconta Ernesto che conduce l’azienda assieme alla sorella Sabrina, responsabile export oltre che amministratore dell’azienda agricola. «A quei tempi si vendeva tanto Primitivo sfuso e il timore dei viticoltori era che con la costituzione della doc sarebbero aumentati i controlli». Acqua passata per il principale vitigno autoctono della regione.

«Fino al 1986 Soloperto è stata l’unica azienda a imbottigliare questo vino,  oggi in Puglia ci sono 140 aziende chesoloperto producono almeno un Primitivo», sottolinea ancora Soloperto.  Circa 50 ettari di vigneto coltivato ad alberello e più di un milione di bottiglie dal prezzo compreso tra i 3,50 e i 14 euro: sono le dimensioni attuali di una azienda concentrata sui vini tipici della regione con un occhio di particolare riguardo al «suo» Primitivo, di cui produce varie etichette. La cantina opera attraverso i canali Horeca e Gdo (qui realizza la maggior parte del fatturato) e le sue etichette più importanti  sono il Primitivo di Manduria dop Patriarca, il primitivo di Manduria dop Centofuochi e il Mono, primitivo di Manduria riserva. Ma arrivano riconoscimenti anche per altri vini: Il Primitivo di Manduria dop Rubinum è stato inserito nella Top Hundred  2016 del Golosario firmata da Paolo Massobrio e Marco Gatti e l’Igp Vecchio Ceppo ha conquistato l’oscar qualità prezzo della guida Bere bene 2017 del Gambero rosso. Il futuro? «Sarebbe grande se riuscissimo a far tornare i giovani alla terra».

 

CignoMoro: il rosso con sei anime

hugo-carlos-rojo-de-castro-ceo-cignomoro«Quando mi dicono che il mio Fiano Minutolo  non sembra un bianco pugliese, non sono d’accordo: in Valle d’Itria si producono bianchi magnifici e il mio Otto cento, di grande mineralità e profumi eccezionali, è un elogio al barocco leccese»: Hugo Carlos Rojo De Castro, chief executive officer dell’azienda vinicola CignoMoro di Martina Franca (Taranto) è uno spagnolo della Galizia (terra di grandi bianchi) innamorato della Puglia. Alla guida dell’azienda agricola di proprietà della famiglia della moglie (imprenditori nel campo della sanità), è partito nel 2008 con una strategia operativa che punta a differenziare la sua produzione nel panorama regionale. «Noi di CignoMoro siamo più liberi e più aperti, osiamo di più e ciò è possibile perché io vengo da fuori», dice il giovane amministratore, super social.  Base a Martina Franca (Taranto), 17 ettari di vigneti tra proprietà e affitto, Carlos Rojo De Castro lavora solo all’estero attraverso il canale horeca. «L’Italia è commercialmente complicata», dice, «la Svizzera è il nostro primo mercato europeo, e vanno molto bene anche Canada Usa e Brasile.cignomoro

Pezzo forte della cantina è il 6 anime, blend di sei vitigni autoctoni (Primitivo, Negroamaro, Nero di Troia, Aglianico, Susumaniello e Malvasia Nera) che «rappresentano le sei anime delle Puglia».

Quanto alla vendemmia 2016, ha sfidato i più sapienti vignaioli per le piogge frequenti che hanno costretto a continui cambi di programma, è scritto sul sito aziendale.

«Come abbiamo reagito noi di Cigno Moro? Con una scelta che continua a sottolineare il nostro valore di cantina atipica. Abbiamo scelto di sacrificare la quantità alla qualità, abbiamo optato per l’appassimento delle uve sulla pianta cosi da preservarne alcolicità e caratteristiche organolettiche proprie di ogni vitigno. Il risultato? Una quantità inferiore di vino prodotto, con un aumento sostanziale della qualità che alla fine è per noi quello che conta».

 

 

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