Classifica 2015: Redditività, 4 anni

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EBITDA 2015

Nicolò Incisa della Rocchetta, Tenuta San Guido

Nicolò Incisa della Rocchetta, Tenuta San Guido

E’ forse la classifica più ambita: quella che fotografa le aziende che vantano la migliore redditività (espressa dal rapporto tra ebitda e fatturato superiore al 20%). Con un indice del 54,8%, anche quest’anno vince la Tenuta San Guido del marchese Nicolò Incisa della Rocchetta, produttore del Sassicaia, uno dei vini rossi più famosi e quotati al mondo. Il secondo posto è della Marchesi Antinori con un rapporto del 42,3%: tenuto conto che il margine operativo lordo di Antinori incrocia un fatturato superiore ai 180 milioni, non c’è dubbio che si tratta di un risultato di particolare valore, senza nulla togliere a quello di Tenuta San Guido titolare di un giro d’affari che sfiora i 30 milioni. Novità sul terzo scalino del podio: con un indice del 34,2%, cresciuto di oltre 4 punti sul 2014, Marchesi de’ Frescobaldi ruba il posto, per un soffio, alla cantina siciliana della famiglia Cusumano, titolare di un 34%. Al quinto posto, con un rapporto del 31%, la toscana Castellani, protagonista della migliore performance 2015: guidata da Piergiorgio Castellani ha migliorato di ben 9 punti la sua redditività. Tanti gli abituè di questa speciale graduatoria: Ruffino, Masi agricola, Planeta (più 4 punti), Santa Margherita, Falesco, gruppo Lunelli, Umberto Cesari. Quattro new entry: al nono posto, con un indice del 24,1%, si fa avanti il polo vino della holding bresciana Terra Moretti, guidato da Francesca Moretti, titolare di cantine in Franciacorta e Toscana. Al 13mo posto, con il 22%, entra l’Astoria vini, grande produttrice di Prosecco docg, dei fratelli Paolo e Giorgio Polegato, oggi affiancati in azienda dai figli Filippo e Giorgia. Il 16mo posto, con il 20,5% è della Marchesi di Barolo di Ernesto e Anna Abbona: anche la bella cantina piemontese, che ha archiviato un esercizio da manuale, può oggi contare sul contributo della nuova generazione, rappresentata da Valentina e Davide Abbona. L’azienda ha appena acquistato Cascina bruciata a Barbaresco, certificata biologica dal 2005. Chiude il campionato della redditività Agricola San Felice con un indice del 20%: l’azienda toscana presieduta da Mario Cuccia, è di proprietà del gruppo assicurativo Allianz ed entra per la prima volta in classifica con un fatturato di 11,3 milioni. Più di 11 milioni di fatturato, 215 ettari vitati, 1,3 milioni  di bottiglie, l’azienda di Castelnuovo Berardenga è il perno di una proprietà che comprende anche la Tenuta Campogiovanni a Montalcino e l’azienda Perolla in Maremma. Guidata da Davide Profeti ha concentrato il suo impegno sulle pratiche agricole, sui vigneti, sulla cantina, con risultati ottimali in termini di sperimentazione, cura dei vitigni autoctoni e dei processi produttivi grazie anche all’impegno dell’enologo Leonardo Bellaccini. «Si trattava di valorizzare tutto questo patrimonio e quindi abbiamo deciso di concentrare gli sforzi sul fronte commerciale, sia in Italia che all’estero, con un immediato ritorno in termini di incremento delle vendite e di notorietà dei nostri vini», racconta Mario Cuccia, presidente dell’azienda, sottolineando anche l’impegno di San Felice «verso la sostenibilità d’impresa, declinabile sotto tre aspetti: sociale, ambientale ed economico». Un esempio concreto? Da anni San Felice promuove, sotto la guida della Fondazione Allianz Umana Mente, programmi dedicati all’inserimento nel mondo del lavoro di giovani con disagio sociale o disabilità.

Uno sguardo agli anni precedenti mostra l’andamento e la costanza dei risultati nel tempo. Si nota per esempio la progressione dell’indice della Marchesi Antinori in crescita sistematica, senza sbalzi.Progresso costante anche per la Marchesi Frescobaldi e per la Cusumano che nell’arco di 10 anni ha migliorato la sua redditività di 10 punti. Il risultato economico si riduce naturalmente a fronte di importanti investimenti. E’ per esempio il caso di Santa Margherita che ha realizzato la sua importante piattaforma commerciale in Usa. O ancora del gruppo Lunelli impegnata nell’acquisto di Bisol.
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