Abbasso la quantità evviva la qualità: non ci interessa il primato di primi produttori di uva al mondo. Quello che conta è la qualità, strada maestra per la creazione di valore. Detto in parole povere, è questo il mantra di Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione Italiana vini e proprietario con la sua famiglia di una delle realtà più importanti del vino italiano. E’ un concetto e una strategia operativa condivisa e perseguita da tutti i principali attori del Vigneto Italia. Molti dei quali si ritrovano a Milano per la Milano wine week, primo appuntamento d’autunno del mercato del vino.
L’incontro milanese incrocia una vendemmia difficile. Stando alle stime Assoenologi-Ismea-Uiv quella che sta per concludersi sarà la vendemmia più scarsa degli ultimi 6 anni, con un calo di prodotto nell’ordine del 12% che supera il 40% in alcune regioni della dorsale adriatica. «C’è un calo produttivo che va dal 45% al 60%, a seconda delle zone», conferma Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio vini d’Abruzzo, uno dei più grandi d’Italia, presieduto per la prima volta da un esponente di un’azienda privata.
Se è vero che la qualità sarà comunque elevata, non è detto che il calo produttivo sia ovunque un male, dal momento che nella maggioranza delle aziende le giacenze di vino hanno raggiunto livelli di guardia. A maggior ragione di fronte al rallentamento della domanda interna ed estera con cui si stanno confrontando tutti gli operatori. L’ultimo report dell’Osservatorio Uiv sull’export, parla chiaro. Alla fine del primo semestre, c’è un segno meno sia di fronte ai volumi (-1,4%) che ai valori (- 0,4%); con performance ben più negative per i vini fermi (rossi in particolare) e anche per gli spumanti. Unica tipologia che marcia in controtendenza sono i vini frizzanti, (come per esempio il Lambrusco) che registrano una crescita di oltre il 4% in volume e di oltre l’11% in valore.
Questa, ad oggi, è l’istantanea del mercato vitivinicolo 2023. Ma all’interno di questa cornice generale, qual è la situazione nelle più importanti aree viticole del Paese? Ad avere il polso del mercato sono i Consorzi di tutela delle varie tipologie di vino o denominazioni, per dirla con gli addetti ai lavori. Nella tabella sono raccolti alcuni dati dei 28 principali Consorzi: dal più grande in assoluto, il Consorzio del Prosecco Doc che svetta in cima a questa speciale classifica con 638,5 milioni di bottiglie, al più piccolo Consorzio Vini Etna Doc, area vinicola siciliana in grande spolvero, che porta sul mercato 5,8 milioni di bottiglie e vanta la maggiore superficie vitata convertita al biologico: il 60% dei 1291 ettari vitati al servizio di questa denominazione. Solo altri 5 consorzi possono vantare un’incidenza della quota lavorata secondo i principi dell’agricoltura biologica superiore al 50% : Franciacorta con il 55,6%, Chianti classico 52,5% (più un 20% in conversione), Nobile di Montepulciano 52%, Lugana Doc 50%, Brunello di Montalcino 50%. In tre salgono sopra il 40%: Abruzzo, Bolgheri e Maremma Toscana.
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