Le 21 aziende con fatturato over 100 milioni nel 2019

La soddisfazione  per un anno positivo da un lato, la preoccupazione per un mercato che improvvisamente ha cambiato faccia dall’altro:  le grandi cantine italiane hanno archiviato l’esercizio 2019 nel pieno lockdown per l’emergenza coronavirus.

«Abbiamo chiuso un bilancio molto positivo che resterà per anni un sogno, ma restiamo comunque ottimisti e siamo convinti che sapremo ottenere nuovamente questi risultati, con nuove regole del gioco e tanto impegno»», commenta Renzo Cotarella, ceo della Marchesi Antinori, prestigiosa griffe del made in Italy nel mondo.

«Abbiamo festeggiato un 2019 eccellente ma siamo consapevoli che sarà molto dura ripetere risultati di questo tipo. Teniamo comunque la barra dritta mantenendo le nostre strategie di sviluppo», sostiene Matteo Lunelli presidente dell’omonimo gruppo trentino che  appartiene alla sua famiglia ed è  reduce da annate record di sviluppo delle sue bollicine Ferrari e Bisol nel canale horeca (hotel, ristoranti, catering) ora completamente bloccato  dalla crisi pandemica.

Sentimenti condivisi all’interno dell’esclusivo club delle cantine con un giro d’affari superiore ai 100 milioni che, come ogni anno, anticipa la classifica delle maggiori aziende vitivinicole italiane,  in uscita nelle prossime settimane.

Il club degli over 100 comprende 21 aziende e rappresenta 3,8 miliardi di fatturato,  2,6 miliardi di esportazioni e 1,3 miliardi di bottiglie.

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A capotavola, tuttora irraggiungibile,  c’è la cooperativa emiliana Cantine Riunite presieduta da Corrado Casoli, con un consolidato di 623,9 milioni, di cui il pezzo forte  è il controllato Giv, di gran lunga il maggiore singolo operatore del mercato italiano, cui fanno capo 10 cantine lungo la penisola.

Al secondo posto, con incassi nella sola area vino di 230,2 milioni, c’è la Caviro:  il grande consorzio romagnolo guidato da Simonpietro Felice, rappresenta  da solo più del 10% della produzione nazionale di uva e ha un fatturato consolidato molto più sostanzioso, pari a 328,8 milioni, che comprende anche l’attività nei settori energia e distillerie.

Novità sul terzo gradino del podio: scende la Fratelli Martini e sale la Marchesi Antinori, prima realtà privata del vigneto Italia,  con 222,7 milioni di fatturato nel core business vino, in crescita del 4,2% rispetto al 2018. L’aumento del giro d’affari avrebbe potuto essere anche maggiore se l’azienda non avesse praticamente esaurito le sue disponibilità di vino. E’ la conseguenza diretta della strategia operativa della Marchesi Antinori: quella di voler essere strettamente legata alla produzione. «Pensiamo di potenziare ancora quest’anno la proprietà viticola fino a raggiungere i 3 mila ettari di vigneti e ciò significa raggiungere una totale autosufficienza di uva per tutti  i vini a marchio Antinori», spiega Cotarella.

Come per Caviro, anche il consolidato Marchesi Antinori sale fino a 246 milioni, tenendo anche conto dell’attività di ristorazione e della Biserno, azienda vitivinicola detenuta in società con Ludovico Antinori.

Un’altra novità al quarto posto della graduatoria dove si piazza la Casa vinicola Botter Carlo, con 217 milioni di fatturato (+11,2%).  Il marchio veneto di proprietà della famiglia Botter, è una realtà industriale che lavora soprattutto all’estero con ritmi di crescita sopra la media, al punto da scalare in scioltezza  la classifica, guadagnando ben quattro posizioni in due anni. Oggi Botter è la seconda azienda privata del mercato italiano e nei primi quattro mesi del 2020 è riuscita a registrare un incremento dell’11% del suo giro d’affari concentrato nella Gdo (Grande distribuzione organizzata), rappresentando uno dei player più vivaci e appetiti del mercato. Nel suo capitale figura con una quota del 22,5% la Idea Taste of Italy (gruppo De Agostini) e non sono un mistero né le avance da parte del fondo di private equity Clessidra (Italmobiliare), né i suoi obiettivi di ulteriore crescita anche attraverso acquisizioni e di approdo in Borsa nel medio termine.

Al quinto posto, con 210 milioni, c’è un’altra grande industria: è la piemontese Fratelli Martini che ha completato nel 2019 l’imponente investimento per il suo sito produttivo (nuovo stabilimento, nuove cantine di spumanti e vini fermi) con un impegno complessivo di 35 milioni di euro in cinque anni di lavori. Due i marchi principali dell’azienda di Gianni Martini che ha oggi al suo fianco la figlia Eleonora: Canti all’estero e Sant’Orsola sul mercato interno, brand quest’ultimo supportato da una forte azione pubblicitaria in Tv che fa della Martini uno dei maggiori big spender del settore.

Al sesto posto la Zonin 1821 chiude con 205 milioni di fatturato il suo primo esercizio in compagnia della 21 Investimenti di Alessandro Benetton, titolare del 36% del capitale. «E’ stato un anno di consolidamento e di nuova disciplina interna, un anno in cui abbiamo riscaldato i motori per un 2020 che era partito molto bene», dice Massimo Tuzzi ad del gruppo veneto di Domenico, Francesco e Michele Zonin cui fanno capo quasi 2 mila ettari di vigneti in produzione, la maggiore proprietà viticola dopo quella di Antinori. «E’ chiaro che un marchio come il nostro, molto legato al momento del consumo, dell’aggregazione e dell’aperitivo, risente particolarmente del blocco del canale horeca, ma non sono pessimista e troveremo alternative per recuperare».

Il più grande imbottigliatore d’Italia, con ben 109 milioni di bottiglie vendute nel 2019, scala due posizioni  e si piazza al 7mo posto con 199,3 milioni di fatturato: è la Enoitalia della famiglia Pizzolo che ha messo a segno un incremento che sfiora il 10% sul 2018, potenziando in particolare la sua presenza sui mercati esteri, dove lo sviluppo degli affari è a doppia cifra.

Dopo cinque privati, una coop: è il Consorzio trentino Cavit, titolare di un fatturato di 191, 4 milioni che lieviterà parecchio quest’anno a seguito dell’acquisto delle tre controllate dell’ex gruppo La Vis ( Cesarini Sforza, Casa Girelli e Glv),  concluso a metà dicembre 2019.  E’ l’ennesima dimostrazione del dinamismo che sta caratterizzando la cooperazione vitivinicola presente nel club dei superbig con 9 aziende. Completano questa importante rappresentanza  il Consorzio trentino di primo grado Mezzacorona,  al decimo posto con 186,6 milioni; La Marca vini e spumanti al 12mo con 140,8 milioni; Cantina di Soave al 13mo con 136 milioni; Terre Cevico al 15mo con 132,5 milioni  e infine il  Collis Veneto wine group e il Gruppo Vivo Cantine al 19mo e al 20mo posto, rispettivamente con 109 e 107 milioni di fatturato. In particolare Vivo cantine, entrato a far parte del club lo scorso anno, ha realizzato  un incremento di fatturato del 5,5%, il maggiore tra 9 coop.

Si torna nel mondo dei privati con il gruppo Santa Margherita, che sale di un posto in graduatoria, a quota 9, con 189,4 milioni di fatturato in crescita del 6,78%. Il gruppo veneto dei fratelli Gaetano, Luca, Stefano, Nicolò Marzotto affronta il 2020 con il nuovo ceo Beniamino Garofalo: «Il 2019 ci ha soddisfatto su tutte le linee del conto economico, ma è difficile ora fare previsioni sull’anno che stiamo affrontando: di sicuro il mercato domestico è in sofferenza, ma il brand Santa Margherita sta andando molto bene in Usa, Canada, Australia».

Dopo un anno di consolidamento, l’ Italian wine brands, quotata all’Aim, ha messo il turbo sfoggiando un incremento che sfiora il 12%  e porta il fatturato a 167,7 milioni (11mo posto).

Ma c’è chi ha fatto ancora meglio. Anzi meglio di tutti: la medaglia d’oro per il maggiore aumento di fatturato all’interno del club tocca di diritto al Gruppo Ruffino che con una performance che sfiora il 21% scavalca ben tre posizioni e si piazza al 14mo posto con 133, 2 milioni. Un vero exploit per il gruppo toscano guidato da Sandro Sartor che fa capo all’americana Constellation brands. Molto si deve all’azione dei Poderi Ducali Ruffino di San Donà del Piave. Vale a dire all’operazione  conclusa in Veneto poco più di un anno fa con l’acquisto di 144 ettari vitati a Prosecco Doc (tutti a regime biologico) e Pinot grigio acquistati dalla famiglia Botter.  «I vini veneti, uniti a una forte campagna di promozione in Usa hanno dato ottimi risultati e il nostro Prosecco oggi è il numero uno in Canada dove registriamo incrementi del 20%, racconta Sartor. «Più in generale abbiamo aumentato gli investimenti su tutti i mercati e riformulato la strategia di vendita sulle piazze europee».

A quota 16 ecco un grande attore del made in Italy sui mercati internazionali, titolare di una grande proprietà viticola: è la maison toscana Marchesi Frescobaldi che bissa i risultati in crescita del 2018 raggiungendo i 126,5 milioni di fatturato, più 5,8%.

Al 17mo posto con 111,2 milioni, il  Mondodelvino Group guidato dal ceo Marco Martini prosegue la sua crescita regolare (+ 2,4%) puntando molto sull’export e su un rapporto confidenziale con i consumatori anche attraverso iniziative innovative (dal museo interattivo alle piattaforme multicanale). Il gruppo opera in Piemonte, Romagna e Sicilia (e dispone anche di controllate estere) ed è entrato a far parte di recente del circuito Elite del London Stock Exchange group.

Con lo stesso fatturato di 111,2 milioni, sale al 18mo la Schenk Italian Wineries, braccio italiano dell’omonimo gruppo svizzero al comando di Daniele Simoni,  che ribalta la flessione dello scorso anno con un progresso sopra la media dell’8,19%.

Tra i player più solidi del settore, il Gruppo Lunelli completa questo salotto esclusivo con 106,9 milioni di fatturato cresciuto del 5,77% sul 2018.

 

Corriere d Sera L.Economia 25 Maggio 2020

Corriere economia 10-02-2020

 

 

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