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Sta per finire un 2024 difficile.

PHOTO-2024-11-25-08-38-35 Tiene l’export dei primi 8 mesi. Comprano più vino famiglie benestanti, over 55, senza figli a carico.Tra i consumi fuori casa vincono le bollicine.

Ci sono luci. Come la buona performance del Brunello di Montalcino sul mercato americano in chiusura dei primi 9 mesi di quest’anno: in una cornice depressa, con risultati negativi per i vini rossi fermi, non solo italiani, il Brunello ha messo a segno una crescita  del 5% a volume e dell’1% a valore, piazzandosi anche al vertice del mercato luxury statunitense.

Non solo. E’ un progetto importante la creazione di un distretto della spumantistica umbra nella fascia appenninica Eugubino Gualdese che coinvolge le aziende agricole Semonte e Arnaldo Caprai, e punta a valorizzare zone montane abbandonate, offrendo alla vite un territorio più idoneo di fronte allo stravolgimento climatico in atto.

Solo due tra i molti esempi di vitalità e capacità progettuale del comparto vitivinicolo nazionale, in procinto di chiudere una delle sue annate più complesse e in vista di difficili sfide.

«Inflazione, salutismo e geopolita hanno pesato e peseranno sul mercato del vino anche nel 2025», sottolinea Alessandro Regoli, direttore di Winenews, sito di riferimento del settore, sintetizzando lo scenario tracciato da Iwsr International wine & spirits research.

Tra le incognite, oltre a quelle dovute ai conflitti aperti in Ucraina e Medio Oriente ci sono preoccupazioni per la riforma delle imposte sugli alcolici nel Regno Unito (da febbraio 2025), e per le politiche che Donald Trump, rieletto presidente, vorrà attuare negli Stati Uniti primo mercato del vino al mondo, dove si temono nuovi dazi.

La riprova del peso della piazza Usa per gli operatori italiani arriva anche dai dati Istat dell’export del vino italiano nei primi 8 mesi del 2024 analizzati da Winenews. Dati che riportano fiducia: le esportazioni hanno infatti raggiunto i 5,17 miliardi con un incremento del 4,6% sul 2023. Buono il risultato in Germania, tra i paesi top per l’Italia, ma è appunto l’Usa a confermarsi lo sbocco principale per il vino made in Italy, con valori in crescita del 7,8% per 1,25 miliardi di euro, giro di affari superiore a quello generato con gli altri partner. E’ inoltre molto probabile una corsa degli ordini a fine anno, per evitare i problemi che potrebbero arrivare dai dazi sui prodotti europei già promessi da Trump.

Questo dunque lo scenario internazionale, ma qual è la fotografia dei consumi interni? Lo scatto più preciso e ricco di sorprese emerge dall’analisi dell’Osservatorio Uiv realizzato a braccetto con Niq Italia. Si scopre così che il principale consumatore di vino ha oltre 55 anni, non ha più figli a carico, è titolare di un reddito sopra la media e spende 1,83 miliardi di euro l’anno, pari al 59% della spesa totale di vino nella grande distribuzione organizzata. Questo universo che conta 11,3 milioni di famiglie, fa la parte del leone rispetto ai  nuclei familiari con figli che spendono meno del 24% del totale, e a quelli delle famiglie under 55 anni, senza figli a carico, che si fermano a meno del 18%. In soldoni chi compra più bottiglie di vino al supermercato è più avanti negli anni e ha più soldi in tasca.

Ma cosa si compra? Puntando i riflettori questa volta sui consumi fuori casa, l’indagine registra una maggiore propensione per gli spumanti (63,4%) rispetto ai vini fermi (61%). Un risultato legato anche alle occasioni di consumo che sono sempre più focalizzate sull’aperitivo a ogni età, dai giovani ai loro nonni.

La riprova di questa preferenza è anche nell’ultima rilevazione  delle vendite di vino nella Gdo registrata a settembre dall’Osservatorio Uiv-Ismea.  In un contesto stagnante, con vendite che dimagriscono dell’1% in volume e crescono altrettanto in valore ( +1% per un totale di 2,1 miliardi) è la categoria degli spumanti che aiuta il risultato complessivo, grazie a una crescita del 4%. Nella famiglia spumanti chi tira la volata è il signor Prosecco che rappresenta da solo la metà delle bollicine vendute. Interessante la dinamica dei vari segmenti di bollicine. Nell’ambito del Prosecco corre la versione Doc (+6%), tiene la Docg e frena l’Asolo (-2%). Buona la performance delle tante bollicine regionali (+6%) e del metodo classico (+3%), con Franciacorta e Trento Doc che marciano con lo stesso passo: +1% in volume e +4% in valore.

Quale è la regione dove si vendono più bollicine? Il Veneto: con la vendita di 36 milioni di litri di Prosecco incassa ben 256 milioni (+3,1%) più di quanto realizza con tutti gli altri suoi vini messi insieme.

La leadership mondiale delle macchine italiane al servizio dell’enologia e il nuovo fronte dealcolati

Chi si scandalizza per i vini senza alcol si rassegni. In occasione della 30ma edizione del Simei, fiera milanese di Unione italiana vini, evento numero uno al mondo per macchine al servizio di enologia e bevande, proprio le tecnologie per la dealcolazione sono quelle che hanno riscosso l’interesse maggiore. Da parte di tutti. Il direttore della vinificazione di Bear Creek Winery, sesta più grande azienda vitivinicola a conduzione familiare degli Stati Uniti, è venuto a Milano per valutare l’offerta di questo tipo di macchinari. E, come lui, uomini della Constellation Brand (proprietaria in Italia del gruppo Ruffino), Francis Ford Coppola winery o ancora Jackson Family per citare alcuni dei professionisti arrivati da oltreoceano che riconoscono all’Italia la leadership nelle tecnologie del vino. Primato guadagnato sul campo: secondo stime dell’Osservatorio del vino di Uiv, il comparto dei macchinari per enologia, bevande e imbottigliamento, vale almeno 5 miliardi l’anno, di cui 3 per il solo comparto vino. Un asset decisamente strategico per tutto l’indotto del sistema vino, che intende restare tale su tutti i nuovi fronti operativi, come appunto la dealcolazione, nonostante in Italia il divieto su questa pratica, sia ancora in vigore.

Da qui la presentazione di sistemi produttivi per dealcolati da parte di aziende come Omnia Technologies o Vason, registrando grande attenzione soprattutto da parte di operatori spagnoli, greci, statunitensi, argentini o ancora indiani.

Insomma, che piaccia o meno, la strada Nolo (come si dice in gergo il no e low alcol) è segnata. Non a caso, molti produttori nazionali mordono il freno, se non altro per non restare indietro di fronte a un indiscusso apprezzamento del mercato.

«Lo scorso anno» ha raccontato Alessio del Savio, ad Mionetto,  «grazie alla controllante tedesca Henkel abbiamo prodotto e venduto 2 milioni di bottiglie di spumante, quest’anno siamo a 4 milioni. Tutte vendute, in particolare in Germania, Usa, Paesi nordici ed Est Europa».

L’anticipazione della classifica 2023 in occasione del Vinitaly

I 27 big del mercato italiano del vino (dati dai bilanci 2023)

Anticipazioni Classifica 2023Più di 5,9 miliardi di fatturato totale, 3,8 miliardi di esportazioni, 1,8 miliardi di bottiglie: sono i primi dati 2023 del club over 100 milioni. Ovvero delle aziende vinicole che hanno chiuso l’ultimo esercizio con incassi superiori a 100 milioni e figurano al vertice della speciale classifica delle oltre 100 cantine più grandi d’Italia (che l’Economia pubblicherà nei prossimi mesi).

Per la prima volta, dopo alcuni anni di crescita, il numero dei big è rimasto invariato a quota 27: una prova in più di quanto sia stato complesso il 2023. Ci sono aziende che pur vicine al traguardo dei 100 milioni non sono riuscite a fare il grande salto o addirittura hanno fatto qualche passo indietro, rimandando l’appuntamento a tempi migliori. Del resto è stata dura per tutti: negli ultimi 12 mesi il mercato vitivinicolo italiano ha chiuso i conti con una flessione   di circa il 2%, per un giro d’affari totale di 14,1 miliardi (stima Osservatorio Uiv).

Ma cosa hanno combinato i protagonisti del club? Hanno sicuramente lavorato sodo per mantenere le posizioni. Dopo l’abboffata delle crescite a due cifre del 2022, gli incrementi del fatturato 2023 risultano molto più contenuti e non sono pochi i segni meno anche in questo club esclusivo: riguardano 8 cantine private e 3 cooperative. Si tratta comunque di big con le spalle grosse, capaci più di altri di far fronte a periodi difficili. E non mancano alcuni exploit. (altro…)

Unicredit – Nomisma

Con un ammontare di esportazioni pari a 2,8 miliardi, Il Veneto è la regione che manda più vino nel mondo e copre da sola il  36% del totale export vinicolo italiano nel 2023. Al secondo posto c’è il Piemonte con 1,2 miliardi e al terzo la Toscana con 1,1 miliardi. Le tre regioni al top accusano però una flessione del fatturato export rispettivamente dello 0,2%, del 5,6% e del 4%, mentre realizza una forte crescita il Friuli Venezia Giulia con un incremento dell’8,4%.

E’ uno dei tanti dati che emergono dal terzo «Osservatorio sulla competitività  delle Regioni italiane del vino» realizzata da Wine Monitor Nomisma per conto di Unicredit, uno dei gruppi bancari più attivi nei confronti dell’industria vitivinicola nazionale. (altro…)

GDO 2023

l primo semestre in caduta libera, il secondo in lievissimo recupero: nel 2023 sono stati venduti nella grande distribuzione organizzata (Gdo) 756,2 milioni di litri di vino (considerando anche spumanti e vini liquorosi) con una perdita di volumi del 3,0% e un aumento del fatturato del 2,8% per un ammontare superiore ai 3 miliardi. E’ il risultato dell’ incremento pesante dei prezzi allo scaffale, esploso nel 2022 e continuato nel 2023, con una crescita media dei listini del 6% che tiene conto del + 7,8% nel primo semestre e del + 4,4% nel secondo semestre.

Circana per Corsera bis

Il raffreddamento dei prezzi registrato nella seconda parte dell’anno, aiuta le previsioni per l’anno in corso:

«A meno di nuovi shock esterni, il 2024 potrebbe essere un anno di relativa calma per i listini del vino nella Gdo, e di conseguenza, anche  per l’andamento delle vendite»: afferma Virgilio Romano, responsabile categoria vini della società internazionale di analisi strategica Circana, offrendo così un pizzico di ottimismo al canale distributivo più importante per il mercato italiano del vino, dopo un biennio di costante declino. Anche lo scorso anno la preferenza dei consumatori è andata ai vini rosati e bianchi rispetto ai vini rossi e verso i vini fermi piuttosto che quelli frizzanti; e ancora una volta sono andati meglio i vini Doc, Docg e Igt ,nella bottiglia classica da 75 cl , che infatti registrano una perdita di volume del 2,8% un filo più lieve rispetto a quella del settore.

Non c’è dubbio che il caro prezzi abbia lasciato il segno, facendo perdere l’incredibile progresso registrato da supermercati e discount nel periodo della pandemia, quando la gente, orfana di bar e ristoranti, sceglieva negli scaffali le bottiglie preferite da bere a casa: anche etichette costose che in quel periodo hanno addirittura surclassato le offerte più convenienti. Oggi non è più così.

«Proprio i vini con posizionamento più alto hanno perso di più», conferma Romano. «Si tratta di un fenomeno noto con il termine trading down. In pratica se confrontiamo prezzo medio e crescita a volume, vediamo per esempio che le vendite di spumante metodo classico, da 13,80 euro la bottiglia, hanno perso in volume più del 5%; le vendite di Prosecco dal costo medio di 5,7 euro a bottiglia, sono scese dell’1,4%, mentre i vini fermi da 3,6 euro la bottiglia hanno messo a segno un aumento dei volumi del 7,1%».

Insomma, il consumatore che fa la spesa è sempre più attento, compra meno, mette a confronto i prezzi dei vari punti vendita, punta soprattutto sulle promozioni, scegliendo vini a buon mercato.

All’interno di questa cornice, i risultato  delle vendite 2024 dipenderà dalle scelte delle cantine e delle catene di distribuzione: decideranno di preservare i loro margini o di recuperare i volumi?

Nel primo caso, le promozioni che tanto piacciono ai consumatori saranno una rarità e l’anno in corso farà fatica a mantenere i livelli del 2023. «Se invece si punterà sui volumi, ci sarà sicuramente un grande ricorso all’azione promozionale», spiega Virgilio. «E ciò potrebbe permettere una chiusura in positivo del segmento vino».

Appius, il «bianchissimo» di Hans Terzer, festeggia 10 anni

Hans Terzer

«Appius è il vino che piace agli uomini che amano le donne con le curve», così mi disse Hans Terzer, winemaker della cantina San Michele Appiano, qualche anno fa, parlando della sua creatura adorata, l’Appius. Il vino bianco creato con l’annata 2010 che ha appena festeggiato il suo decimo compleanno con l’uscita 2019. Una super degustazione ha raccontato al meglio i primi 10 anni di Appius: il «vino da sogno» del celebre enologo altoatesino, creato con le uve di quattro vitigni a bacca bianca, Chardonnay, Pinot grigio, Pinot bianco e Sauvignon blanc, usati in proporzioni diverse e scelti personalmente da Hans puntando sui grappoli migliori di ciascuna annata. «Gioco con il nostro magnifico Pinot grigio quando ho bisogno di maggiore struttura…il Sauvignon è come il sale, mi serve per aumentare l’acidità…», ha raccontato, tra l’altro, Hans ripercorrendo i primi 10 anni di Appius, a partire da un 2010 sorprendente. (altro…)

MERCATO 2023: IL POLSO DEI CONSORZI DI TUTELA, DOVE C’E’ PIU’ BIOLOGICO

BIS Tabella Consorzi Abbasso la quantità evviva la qualità: non ci interessa il primato di primi produttori di uva al mondo. Quello che conta è la qualità, strada maestra per la creazione di valore. Detto in parole povere, è questo il mantra di Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione Italiana vini e proprietario con la sua famiglia di una delle realtà più importanti del vino italiano. E’ un concetto e una strategia operativa condivisa e perseguita da tutti i principali attori del Vigneto Italia. Molti dei quali si ritrovano a Milano per la Milano wine week, primo appuntamento d’autunno del mercato del vino.

L’incontro milanese incrocia una vendemmia difficile. Stando alle stime Assoenologi-Ismea-Uiv quella che sta per concludersi sarà la vendemmia più scarsa degli ultimi 6 anni, con un calo di prodotto nell’ordine del 12% che supera il 40% in alcune regioni della dorsale adriatica. «C’è un calo produttivo che va dal 45% al 60%, a seconda delle zone», conferma Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio vini d’Abruzzo, uno dei più grandi d’Italia, presieduto per la prima volta da un esponente di un’azienda privata.

Se è vero che la qualità sarà comunque elevata, non è detto che il calo produttivo sia ovunque un male, dal momento che nella maggioranza delle aziende le giacenze di vino hanno raggiunto livelli di guardia. A maggior ragione di fronte al rallentamento della domanda interna ed estera con cui si stanno confrontando tutti gli operatori. L’ultimo report dell’Osservatorio Uiv sull’export, parla chiaro. Alla fine del primo semestre, c’è un segno meno sia di fronte ai  volumi (-1,4%) che ai  valori (- 0,4%); con performance ben più negative per i vini fermi (rossi in particolare) e anche per gli spumanti. Unica tipologia che marcia in controtendenza sono i vini frizzanti, (come per esempio il Lambrusco) che registrano una crescita di oltre il 4% in volume e di oltre l’11% in valore.

Questa, ad oggi,  è l’istantanea del mercato vitivinicolo 2023. Ma all’interno di questa cornice generale, qual è la situazione nelle più importanti aree viticole del Paese? Ad avere il polso del mercato sono i Consorzi di tutela delle varie tipologie di vino o denominazioni, per dirla con gli addetti ai lavori. Nella tabella sono raccolti alcuni dati dei 28 principali Consorzi: dal più grande in assoluto, il Consorzio del Prosecco Doc che svetta in cima a questa speciale classifica con 638,5 milioni di bottiglie, al più piccolo Consorzio Vini Etna Doc, area vinicola siciliana in grande spolvero, che porta sul mercato 5,8 milioni di bottiglie e vanta la maggiore superficie vitata convertita al biologico: il 60% dei 1291 ettari vitati al servizio di questa denominazione. Solo altri 5 consorzi possono vantare un’incidenza della quota lavorata secondo i principi dell’agricoltura biologica superiore al 50% : Franciacorta con il 55,6%, Chianti classico 52,5% (più un 20% in conversione), Nobile di Montepulciano 52%, Lugana Doc 50%, Brunello di Montalcino 50%. In tre salgono sopra il 40%: Abruzzo, Bolgheri e Maremma Toscana.

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Vini da investimento, ma anche, e soprattutto, da bere

«Prima di tutto è un piacere da condividere con amici. Poi è anche un vino su cui investire: questo è un plus di cui siamo molto felici». Renzo Cotarella è il ceo di Marchesi Antinori, blasonata griffe italiana del vino, presente con due grandi rossi, Tignanello e Solaia, nell’indice londinese Liv-Ex 100. La Borsa dei vini di pregio (o fine wines per dirla con gli addetti ai lavori) che monitora l’andamento delle 100 etichette più gettonate al mondo sul mercato secondario. Come il Tignanello: esce dalle cantine Antinori  a 60 euro e decolla sul mercato, con valori che oscillano tra 130-150 euro. Realizza così una delle migliori performance in questo esclusivo paniere, e resta anche alla portata di chi vuole bere il meglio e può concedersi questo e altro. Ecco a voi un vino da investimento. Come anche il mitico Sassicaia della Tenuta San Guido (l’ultima annata esce dalle cantine intorno a 120 euro e viaggia nelle enoteche sui 300 euro), o l’Ornellaia dei Marchesi Frescobaldi che moltiplica in scioltezza gli oltre 120 euro di partenza. Solo alcune indicazioni, raccolte sul campo, di etichette che figurano da sempre nella borsa del vino londinese, il cui valore dipende, ovviamente, anche dal numero di bottiglie in circolazione: meno sono più il prezzo va alle stelle. (altro…)

L’anteprima delle cantine over 100 milioni fatturato 2022

Più di 5 miliardi di fatturato totale, 3,5 miliardi di esportazioni, 1,6 milioni di bottiglie: sono i primi dati 2022 del club over 100 milioni. Ovvero delle aziende vinicole che hanno chiuso l’ultimo esercizio con incassi superiori a 100 milioni e compongono il circolo esclusivo dei big che guidano la speciale classifica delle oltre 100 cantine più grandi d’Italia (che sarà pubblicata  più avanti).

Le novità 2022? La prima è quella sulla quale molti hanno scommesso: è partita in grande stile la sfida tra Argea e Italian wine brands. I due big di taglio industriale-finanziario, che si sono imposti due anni fa al vertice del mercato, hanno entrambi l’ambizione di diventare il più importante polo vinicolo privato del Paese, il cosiddetto campione nazionale del settore. (altro…)

Industria vinicola: forza del made in Italy.

«E’ l’oro nero italiano e una ricchezza straordinaria per il Paese». E’ Il vino by Maurizio Danese, ad di Veronafiere. Che sfoggia numeri sorprendenti: l’industria vinicola nazionale vale 31,3 miliardi di euro, coinvolge 530 mila aziende con 870 mila addetti, e ha una spiccata vocazione internazionale con ricavi all’export che lo scorso anno hanno sfiorato gli 8 miliardi. Ce n’è abbastanza perché il vino salti in testa alla classifica relativa alla bilancia commerciale dei prodotti made in Italy, facendo meglio di ben 40 settori rappresentativi delle cosiddette 4A del made in Italy ( Abbigliamento, Alimentare, Arredamento e Automazione), dalla moda, alla meccanica strumentale o alla gioielleria per portare qualche esempio concreto. (altro…)

Agri4Index Unicredit-Nomisma Wine Monitor- Vinitaly: premiate 8 cantine

Umani Ronchi nelle Marche, Cantine Spinelli in Abruzzo, Feudi di San Gregorio in Campania, Ricci Curbastro e figli in Lombardia, GD Vajra in Piemonte, Planeta in Sicilia e Masi agricola nel Veneto: ecco le magnifiche sette cantine vincitrici dell’Unicredit Wine Award. A queste se ne aggiunge un’ottava: la coop trentina Cavit.  A lei è stato assegnato il premio speciale dedicato alle innovazioni tecnologiche legate alla filiera, che riguarda nel suo caso il progetto Pica, acronimo di Piattaforma Integrata Cartografica Agriviticola, avanzata piattaforma tecnologica per l’implementazione di una viticoltura di precisione, intelligente ed eco-sostenibile.

Cosa sono questi premi? (altro…)

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