Tiene l’export dei primi 8 mesi. Comprano più vino famiglie benestanti, over 55, senza figli a carico.Tra i consumi fuori casa vincono le bollicine.
Ci sono luci. Come la buona performance del Brunello di Montalcino sul mercato americano in chiusura dei primi 9 mesi di quest’anno: in una cornice depressa, con risultati negativi per i vini rossi fermi, non solo italiani, il Brunello ha messo a segno una crescita del 5% a volume e dell’1% a valore, piazzandosi anche al vertice del mercato luxury statunitense.
Non solo. E’ un progetto importante la creazione di un distretto della spumantistica umbra nella fascia appenninica Eugubino Gualdese che coinvolge le aziende agricole Semonte e Arnaldo Caprai, e punta a valorizzare zone montane abbandonate, offrendo alla vite un territorio più idoneo di fronte allo stravolgimento climatico in atto.
Solo due tra i molti esempi di vitalità e capacità progettuale del comparto vitivinicolo nazionale, in procinto di chiudere una delle sue annate più complesse e in vista di difficili sfide.
«Inflazione, salutismo e geopolita hanno pesato e peseranno sul mercato del vino anche nel 2025», sottolinea Alessandro Regoli, direttore di Winenews, sito di riferimento del settore, sintetizzando lo scenario tracciato da Iwsr International wine & spirits research.
Tra le incognite, oltre a quelle dovute ai conflitti aperti in Ucraina e Medio Oriente ci sono preoccupazioni per la riforma delle imposte sugli alcolici nel Regno Unito (da febbraio 2025), e per le politiche che Donald Trump, rieletto presidente, vorrà attuare negli Stati Uniti primo mercato del vino al mondo, dove si temono nuovi dazi.
La riprova del peso della piazza Usa per gli operatori italiani arriva anche dai dati Istat dell’export del vino italiano nei primi 8 mesi del 2024 analizzati da Winenews. Dati che riportano fiducia: le esportazioni hanno infatti raggiunto i 5,17 miliardi con un incremento del 4,6% sul 2023. Buono il risultato in Germania, tra i paesi top per l’Italia, ma è appunto l’Usa a confermarsi lo sbocco principale per il vino made in Italy, con valori in crescita del 7,8% per 1,25 miliardi di euro, giro di affari superiore a quello generato con gli altri partner. E’ inoltre molto probabile una corsa degli ordini a fine anno, per evitare i problemi che potrebbero arrivare dai dazi sui prodotti europei già promessi da Trump.
Questo dunque lo scenario internazionale, ma qual è la fotografia dei consumi interni? Lo scatto più preciso e ricco di sorprese emerge dall’analisi dell’Osservatorio Uiv realizzato a braccetto con Niq Italia. Si scopre così che il principale consumatore di vino ha oltre 55 anni, non ha più figli a carico, è titolare di un reddito sopra la media e spende 1,83 miliardi di euro l’anno, pari al 59% della spesa totale di vino nella grande distribuzione organizzata. Questo universo che conta 11,3 milioni di famiglie, fa la parte del leone rispetto ai nuclei familiari con figli che spendono meno del 24% del totale, e a quelli delle famiglie under 55 anni, senza figli a carico, che si fermano a meno del 18%. In soldoni chi compra più bottiglie di vino al supermercato è più avanti negli anni e ha più soldi in tasca.
Ma cosa si compra? Puntando i riflettori questa volta sui consumi fuori casa, l’indagine registra una maggiore propensione per gli spumanti (63,4%) rispetto ai vini fermi (61%). Un risultato legato anche alle occasioni di consumo che sono sempre più focalizzate sull’aperitivo a ogni età, dai giovani ai loro nonni.
La riprova di questa preferenza è anche nell’ultima rilevazione delle vendite di vino nella Gdo registrata a settembre dall’Osservatorio Uiv-Ismea. In un contesto stagnante, con vendite che dimagriscono dell’1% in volume e crescono altrettanto in valore ( +1% per un totale di 2,1 miliardi) è la categoria degli spumanti che aiuta il risultato complessivo, grazie a una crescita del 4%. Nella famiglia spumanti chi tira la volata è il signor Prosecco che rappresenta da solo la metà delle bollicine vendute. Interessante la dinamica dei vari segmenti di bollicine. Nell’ambito del Prosecco corre la versione Doc (+6%), tiene la Docg e frena l’Asolo (-2%). Buona la performance delle tante bollicine regionali (+6%) e del metodo classico (+3%), con Franciacorta e Trento Doc che marciano con lo stesso passo: +1% in volume e +4% in valore.
Quale è la regione dove si vendono più bollicine? Il Veneto: con la vendita di 36 milioni di litri di Prosecco incassa ben 256 milioni (+3,1%) più di quanto realizza con tutti gli altri suoi vini messi insieme.
La leadership mondiale delle macchine italiane al servizio dell’enologia e il nuovo fronte dealcolati
Chi si scandalizza per i vini senza alcol si rassegni. In occasione della 30ma edizione del Simei, fiera milanese di Unione italiana vini, evento numero uno al mondo per macchine al servizio di enologia e bevande, proprio le tecnologie per la dealcolazione sono quelle che hanno riscosso l’interesse maggiore. Da parte di tutti. Il direttore della vinificazione di Bear Creek Winery, sesta più grande azienda vitivinicola a conduzione familiare degli Stati Uniti, è venuto a Milano per valutare l’offerta di questo tipo di macchinari. E, come lui, uomini della Constellation Brand (proprietaria in Italia del gruppo Ruffino), Francis Ford Coppola winery o ancora Jackson Family per citare alcuni dei professionisti arrivati da oltreoceano che riconoscono all’Italia la leadership nelle tecnologie del vino. Primato guadagnato sul campo: secondo stime dell’Osservatorio del vino di Uiv, il comparto dei macchinari per enologia, bevande e imbottigliamento, vale almeno 5 miliardi l’anno, di cui 3 per il solo comparto vino. Un asset decisamente strategico per tutto l’indotto del sistema vino, che intende restare tale su tutti i nuovi fronti operativi, come appunto la dealcolazione, nonostante in Italia il divieto su questa pratica, sia ancora in vigore.
Da qui la presentazione di sistemi produttivi per dealcolati da parte di aziende come Omnia Technologies o Vason, registrando grande attenzione soprattutto da parte di operatori spagnoli, greci, statunitensi, argentini o ancora indiani.
Insomma, che piaccia o meno, la strada Nolo (come si dice in gergo il no e low alcol) è segnata. Non a caso, molti produttori nazionali mordono il freno, se non altro per non restare indietro di fronte a un indiscusso apprezzamento del mercato.
«Lo scorso anno» ha raccontato Alessio del Savio, ad Mionetto, «grazie alla controllante tedesca Henkel abbiamo prodotto e venduto 2 milioni di bottiglie di spumante, quest’anno siamo a 4 milioni. Tutte vendute, in particolare in Germania, Usa, Paesi nordici ed Est Europa».