Cantine private e cooperative: tutte le mosse degli ultimi mesi

Come molti sanno, questo sito è in  primo luogo la casa della classifica annuale delle maggiori aziende vitivinicole del mercato nazionale. Un lavoro unico nel suo genere (è in corso la preparazione della graduatoria 2018) che è anche ospitato nelle pagine de L’Economia del Corriere della sera, in versione ovviamente più ridotta.  Ma non solo.
Nel sito c’è anche la storia di 50 anni del vino italiano, scritta per il volume che Vinitaly ha realizzato per celebrare il suo primo mezzo secolo di vita. E oggi, dopo un lungo periodo di silenzio, riapre il BLOG: per raccontare le più importanti vicende dell’industria nazionale del vino, anche attraverso il punto di vista di colleghi che stimo, e per seguire più da vicino i protagonisti di questa speciale graduatoria, non solo attraverso i numeri.

Acquisizioni, joint venture, apertura del capitale a fondi di private equity, ricorso a strumenti di finanza alternativa, accordi commerciali in casa e all’estero: c’è gran fermento nel mercato vitivinicolo italiano.
In attesa delle prime mosse del 2019, ecco le più importanti dell’ultimo anno.
Il colpo più grosso del 2018 è stato senza dubbio l’ingresso della 21 Invest di Alessandro Benetton nella Zonin 1821, con una spesa di 65 milioni per una quota del 36% del capitale. L’operazione, che passa attraverso un aumento di capitale riservato, riguarda un’ azienda vitivinicola privata, con un giro d’affari superiore ai 200 milioni. E dà vita a una inedita struttura societaria, in cui i tre fratelli Zonin, Domenico, Francesco e Michele, conservano la proprietà e la gestione del gruppo (affiancati dall’ad Massimo Tuzzi), con il contributo decisivo di un azionista di minoranza finanziario, non operativo, che ne riallinea l’assetto patrimoniale, porta know how  e ne sostiene lo sviluppo sulla base di un piano industriale che punta a una crescita del 50% del fatturato in 5 anni e all’approdo in Borsa. Entro l’anno saranno noti i dettagli di questa importante alleanza tra le due famiglie venete anche legate da rapporti di amicizia. E soprattutto si vedrà quale sarà il nuovo passo Zonin nel 2019, senza più la palla al piede dell’indebitamento.
Di certo la durezza del mercato del vino richiede spalle grosse, organizzazione, adeguato sbocco all’estero, massa critica per affrontare gli alti costi di distribuzione. Da qui le tante iniziative concluse nel corso dell’anno, di stampo anche molto diverso l’una dall’altra, di cui sono state protagoniste cantine di tutte le dimensioni, note e meno note.
«L’approccio è differenziato: per le aziende maggiori il punto di arrivo è l’innesto di tipo finanziario finalizzato al sostegno dello sviluppo, alla ricerca di nuovi mercati, alla creazione di un’impresa a trazione internazionale», dice Lorenzo Tersi, fondatore della LT wine & food advisory, tra i maggiori esperti del ramo. E’ il caso Zonin, ma anche della Casa vinicola Botter Carlo, azienda commerciale dai grandi numeri di Fossalta di Piave (all’ottavo posto della classifica 2017 delle maggiori cantine del mercato italiano con 179 milioni di fatturato) che ha ceduto il 22,5% del suo capitale alla Idea Taste of Italy del gruppo De Agostini, operazione funzionale con il progetto di sviluppo e di quotazione a medio termine di Annalisa, Alessandro e Luca Botter, terza generazione della famiglia che da 90 anni guida l’azienda.
L’arrivo nel 2019 di un partner finanziario segnerà l’avvio del polo del gusto che la famiglia Illy ha deciso di affiancare al core business caffè. Oltre al cioccolato Domori, al tè Dammann Freres e alle confetture Agrimontana, il pezzo forte del nascente polo è la cantina Mastrojanni a Montalcino, una delle firme più note del Brunello. Del resto la famiglia triestina sta dedicando impegno ed energie particolari proprio al vino e, al di là dei forti investimenti in Toscana,  Riccardo Illy è pronto a nuove acquisizioni in territori vocati come il Barolo.

Acquisti e vendite

Quando l’impresa è più piccola le strade possono essere diverse a partire dalla più classica: «Il business del vino è interessante ma molto complesso e in questo momento ci sono tante realtà che, anche a seguito di passaggi generazionali, sono pronte a cedere la proprietà», conferma Tersi.
Piatto ricco per i gruppi più attrezzati che hanno capacità e voglia di crescere. «A patto però di cercare l’azienda funzionale al proprio sviluppo» chiosa Tersi.
Un modello di crescita che appare ottimale è quello della famiglia veneta Tommasi, una delle più note nella Valpolicella classica, che nell’arco di pochi anni ha messo insieme un gruppo, Tommasi family estates,  con un giro d’affari di oltre 25 milioni di euro. Quarta generazione in campo, un passo dopo l’altro, Tommasi oggi si estende dal Veneto alla Lucania (azienda Paternoster) e alla Puglia (Masseria Surani), passando per l’Oltrepò Pavese (Tenuta Caseo) e la Toscana dove, proprio quest’anno ha fatto fatto l’en plein, affiancando alle proprietà di Montalcino (Podere Casisano) e della Maremma (Poggio al Tufo) anche una presenza nel Chianti classico con l’ingresso nella Fattoria La Massa di Panzano in Chianti, accanto al fondatore e vigneron Giampaolo Motta e all’imprenditore Ermen Minari. «Il nostro intervento garantisce la possibilità di maggiori investimenti e la nostra struttura commerciale e organizzativa permetteranno di allargare i mercati e portare i vini di Fattoria La Massa in tutto il mondo», afferma Dario Tommasi presidente del gruppo veneto.
La ricerca della maggiore taglia e di un portafoglio vini più ampio e attraente è il comune denominatore di molte iniziative. Fontanafredda, storica cantina piemontese di Oscar Farinetti (60 milioni di fatturato, 31mo posto in classifica) è sbarcata quest’anno in Toscana, nel Chianti classico, rilevando dalla famiglia tedesca Werner Ernest Wilhelm Il Colombaio di Cencio a Gaiole in Chianti con più di 100 ettari di terra, di cui 15 a vigneto. Acquisizione che aggiunge un altro tassello alla collezione vinicola di Farinetti, che spazia dal Friuli al Piemonte, dal Veneto alla Sicilia dove è approdato di recente con la Borgogno, altra cantina piemontese di proprietà, per creare sull’Etna la Villa dei Baroni, in joint venture con Francesco Tornatore.
E’ sempre più ampia e più forte la proprietà toscana di Cecchi (più di 39 milioni di fatturato, 47mo posto in classifica) potenziata con l’acquisizione di 6 ettari a Montalcino; Roberto Conterno, barolista tra i più affermati alla guida della Giacomo Conterno di Monforte d’Alba, ha comprato la Nervi, antica cantina di Gattinara nel Vercellese; le sorelle Maria Elena, Elvira, Luisa e Giuliana Bortolomiol, alla guida dell’ultracentenaria cantina che porta il loro nome, firma del Prosecco superiore di Conegliano Valdobbiadene, hanno aggiunto un rosso toscano alle loro bollicine venete,  grazie all’investimento fatto nel Podere La Canonica, piccola realtà al confine tra San Giovanni d’Asso e Montalcino (i due comuni fusi di recente).
Marchesi Antinori, la prestigiosa realtà toscana proprietaria di 2.880 ettari di vigne, non va in giro a cercare aziende,  ma non perde occasione per potenziare il suo patrimonio di vigneti, da sempre un asset strategico per la griffe toscana presieduta da Albiera Antinori: altri 100 ettari sono entrati in famiglia quest’anno grazie all’acquisto della Tenuta Farneta di Sinalunga, nell’aretino portando a 1800 l’estensione di vigneti nella sola Toscana.

Vino e finanza

Acquisti e vendite, ma non solo. Se per crescere c’è bisogno di investimenti importanti, ecco i nuovi strumenti della finanza.
Lo scorso settembre la storica cantina siciliana Tasca d’Almerita (più di 19 milioni di fatturato, 54.4% export) , sottobraccio a  Iccrea BancaImpresa, ha emesso un minibond del valore di 3 milioni di euro, per sostenere la sua crescita sui mercati internazionali e valorizzare il progetto Tascante, la nuova tenuta sull’Etna,«tra le aree di maggiore interesse sul mercato internazionale», sottolinea Alberto Tasca ceo dell’azienda e ottava generazione di una famiglia che ha avuto grande parte nella crescita enologica siciliana. «Tascante è la sintesi esatta della nostra idea di vigneto sul vulcano più alto d’Europa: 30 ettari complessivi di cui 17 vitati, quasi 200 muretti a secco, oltre 100 terrazzamenti, 5,5 ettari di castagni, 355 piante di ulivo. Questa nuova sfida è una delle tante che l’azienda ha previsto nel suo piano di sviluppo con l’obiettivo di una forte crescita all’estero».
Fa parte del circuito Elite di Borsa italiana la Velenosi vini (8 milioni di fatturato, 60% export) ambiziosa e capace cantina marchigiana che per aumentare la sua capacità produttiva e investire anche in prodotti a lungo invecchiamento ha emesso un prestito obbligazionario di 3 milioni di euro sottoscritto da Anthilia Capital Partners  attraverso i suoi fondi Anthilia bond impresa territorio e Anthilia Bit Parallel  che investono in bond creati ad hoc per le piccole e medie imprese. Senza entrare in dettagli tecnici, l’emissione è garantita dal Fondo europeo investimenti sulla base dell’accordo sottoscritto da Fei e Anthilia e l’advisor e arrenger è Sida group. «Velenosi opera in un territorio emergente ed è l’esempio di un’imprenditorialità che ha saputo evolversi nel tempo», dice Angiolina Piotti socio e co amministratore della cantina marchigiana.

L’allungo delle Coop

Si muove anche il mondo della cooperazione. Uno dei suoi più grandi attori, la romagnola Terre Cevico (112,7 milioni di fatturato, 15ma in classifica) è arrivata in Veneto, e precisamente in Valpolicella, comprando Montresor dalla famiglia proprietaria. Ma la coop di Lugo di Romagna (Ravenna) non si è fermata qui: ha infatti cercato e trovato due compagne di cordata: la coop Valpantena che opera nell’area della Valpolicella e la coop Vitevis attiva nella zona del Prosecco, del Soave e del Pinot grigio. «E’ la dimostrazione pratica di come una coop possa valorizzare un marchio privato, nel pieno rispetto del legame territoriale dell’azienda», sottolinea il presidente Marco Nannetti,  protagonista anche dell’accordo realizzato con il consorzio concorrente Caviro per la creazione di Bolé, neonato spumante romagnolo figlio del vitigno Trebbiano: «In soli 8 mesi si è sviluppata una notorietà inaspettata intorno a questo nostro vitigno», commenta Nannetti.
E’ un’alleanza funzionale allo sviluppo dell’export sul mercato svizzero quella realizzata tra il Giv, (il Gruppo italiano vini, controllato dalle Cantine Riunite,  con 385 milioni di fatturato) e Granarolo, il gruppo lattiero-caseario di Bologna con circa 1,3 miliardi di ricavi nel 2017. Lo strumento è la Comarsa, la società controllata da Granarolo, leader nella vendita di food italiano in Svizzera, di cui il gruppo veneto presieduto da Corrado Casoli ha acquisito l’11% del capitale: una fiche che segna l’ingresso della voce vino nel portafoglio della società di distribuzione.
Di altro segno la mossa di Terre Cortesi Moncaro, la maggiore coop marchigiana, con base a Montecarotto (Ancona) e un fatturato di 23,1 milioni  (al 65mo posto in graduatoria). Presieduta da Doriano Marchetti, Moncaro ha aperto la sua base sociale alla svedese Winemarket Nordic, suo principale distributore scandinavo (fa capo al gruppo Viva wine & spirits) che è entrato in qualità di socio finanziatore con il 18% delle quote e una rappresentatività in assemblea del 14,2% dei voti. L’operazione segna il primo ingresso di un socio estero privato nel mondo della cooperazione italiana e l’obiettivo, oltre al riequilibrio finanziario, è il supporto per lo sviluppo internazionale.

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