Viaggio in Puglia: prime 5 tappe

Mottura Alberello 2La responsabilità è di tutti in Puglia, nessuno escluso.

Aziende storiche e cantine giovanissime; produttori locali, cresciuti tra i muri a secco delle Murge e della Valle d’Itria, nelle pianure del tavoliere o tra la terra rossa del Salento e imprenditori «forestieri» che di questa regione si sono invaghiti e hanno deciso di investire; enologi di antico pelo e nuove leve, alle prese con i 3 principali vitigni autoctoni, Nero di Troia, Primitivo e Negroamaro, difficili e sfidanti come pochi. E poi ancora agronomi sempre più consapevoli; figli e figlie che approdano in azienda accanto a mamma e papà, con il marketing in spalla, il master in gestione aziendale in tasca o  solo con tanta voglia di fare; appassionati che, anche grazie all’incisiva azione del Movimento del turismo del vino regionale, entrano nelle cantine, costringono al confronto, spingono i produttori a fare sempre meglio.

Ebbene sì: si deve all’impegno e alla responsabilità di tutto il variegato mondo protagonista in vigne e cantine, se la Puglia è riuscita a conseguire in questi ultimi anni una crescita qualitativa della sua produzione enologica, come in poche altre zone in Italia.

E’ una bella cavalcata quella dei vignaioli pugliesi. Il nuovo corso della viticoltura locale è ormai lontano anni luce dall’immagine di quelle cisterne di vino da taglio che viaggiava in direzione nord per dare forza a produzioni di poco corpo.

E il verbo della qualità è ormai stella polare da nord a sud della regione, in cantine affermate ed emergenti. Ovunque troviamo vini che hanno voglia di fare bella figura. Alcuni ci riescono in pieno, altri hanno bisogno di un po’ più di tempo. Possono piacere più o meno, ma una cosa è certa: dentro quelle bottiglie c’è tanta passione e intenzione di far bene.

Ecco i primi cinque esempi.

 

 

Cantine Massimo Leone

Alessio Leone, Cantine Massimo Leone

Alessio Leone, Cantine Massimo Leone

Siamo all’estremo nord della Puglia, a 7 chilometri da Foggia, in piena Daunia, area che confina con il Molise, la Campania e la Basilicata ed è delimitata ad est dal promontorio del Gargano. Occhi celesti e tanta passione, Alessio Leone ha 30 anni e affianca il padre Massimo che ha creato l’azienda nel 2007.  C’è entusiasmo quando racconta che la loro cantina è nel centro del Tavoliere delle Puglie, e precisamente dove sorgeva l’antica Arpi, città Dauna tra le più importanti della Magna Grecia, fondata dal mitico guerriero greco Diomede .  Testimonianze di quel tempo antico sono ovunque. «Sotto le nostre vigne c’è una necropoli Dauna e proprio a fianco della nostra azienda c’è l’ipogeo di Ganimede, il giovinetto rapito da Zeus diventato coppiere degli dei, che dà anche il nome al nostro blend di  Aglianico Montepulciano e Syrah» racconta Alessio. Nei 27 ettari di vigneti a spalliera, hanno spazio i tradizionali rossi autoctoni e in particolare i tre vitigni «Aglianico, Falanghina e Fiano , introdotti dagli antichi greci», precisa Alessio, sottolineando l’uso esclusivo di rame e zolfo per la cura della vigna e l’impianto di favino tra i filari per l’apporto di azoto. Aglianico, Falanghina e Fiano sono anche  i protagonisti della linea Orme assieme al Nero di Troia: quattro etichette che si fanno valere. Mentre la linea Forme, più sbarazzina, è stata pensata per il pubblico più giovane.

Produzione 100 mila bottiglie, con una potenzialità di 300 mila.

 

Cantine Spelonga

Marlina Nappi,  Cantine Spelonga

Marlina Nappi,
Cantine Spelonga

Siamo ancora nel cuore del tavoliere Dauno  e precisamente a Stornana in provincia di Foggia, dove, 14 anni fa,  Maria Franca Spelonga e suo marito Carmine Nappi  hanno creato questa giovane cantina oggi guidata dalla figlia Marilina Nappi. «E pensare che il vino proprio non mi piaceva», confessa  la simpatica Marilina, mentre racconta dell’impegno della giovane azienda che punta sui vitigni autoctoni curati con metodi di agricoltura biologica.

I vigneti, 4 ettari di proprietà e altri in gestone nella zona di Manduria per la produzione di Primitivo e nella Valle d’Itria per le uve Verdeca, sono allevati a spalliera. Al vertice della produzione di circa 40 mila bottiglie,  brilla per intensità ed equilibrio il  Nero di Troia in purezza. Vitigno che raccoglie il maggiore impegno aziendale e che da due anni viene vinificato anche in rosa: «E’ il rosé Marilina, una mia creazione cui ho dato il mio nome», racconta con soddisfazione Nappi che proprio quest’anno è stata premiata  in Francia, con la medaglia d’argento a Le mondial des rosès du monde che si svolge a Cannes. Lavorazione solo in acciaio, le etichette aziendali comprendono tra l’altro il bianco brioso da uve Verdeca dedicato alla mamma Donna Maria Franca, l’allegro spumante Follia (blend di Verdeca Bianco D’Alessano e Minutolo), la Falanghina e il Primitivo.

Distribuzione solo nel canale Horeca, prime aperture sui mercati esteri europei, in preparazione lo sbarco in Usa.

 

Tenuta Coppadoro

Teresa Pisante,  Tenuta Coppadoro

Teresa Pisante,
Tenuta Coppadoro

Siamo ancora al nord della Puglia, nella Daunia, a San Severo in provincia di Foggia. L’azienda prende il nome da una collina dell’Alto Tavoliere, Coppadoro appunto, ed è oggi condotta da una giovane signora, Teresa Pisante, terza generazione della famiglia fondatrice della cantina.

L’impegno parte nel 2001 con il nonno Luigi che coltivava 120 ettari di vigna e mandava al nord grandi cisterne di vino. Il padre Ottavio cambia completamente la strategia aziendale, rinnova i vigneti, punta su Nero di Troia, Montepulciano, Bombino bianco e cerca, fortissimamente cerca, la consulenza di un enologo del calibro di Riccardo Cotarella. «Ci riesce dopo 12 ore in sala d’attesa», racconta sorridendo Teresa, sottolineando la rinascita aziendale dopo il periodo difficile vissuto tra il 2009 e il 2011.

Oggi l’azienda è una spa con 2 famiglie socie (la famiglia Sannella è entrata nel capitale quest’anno) e l’impegno è a 360°, con grande attenzione alla comunicazione.

Cantina moderna, tecnologie avanzate, produzione di 300mila bottiglie (grazie al mercato cinese la cantina ha ricominciato l’imbottigliamento) con possibilità di arrivare fino a 1 milione.  L’ 80% della produzione va all’export, ma c’è molto impegno anche sul mercato interno, basato sul solo canale Horeca, di cui è responsabile Danilo Pelosi.

La cantina comprende varie linee. Al top c’è il Nero di Troia Stibadium in compagnia del Primitivo Impavido. Tra le altre etichette si distinguono il Radicosa (Montepulciano in purezza), il Ratino da uve Bombino, il Rosa di Salsola, rosato da uve Montepulciano, il Pescorosso, Aglianico al 100%.

 

Le Vigne di Sammarco

Marco Rizzello,  Vigne di Sammarco

Marco Rizzello,
Vigne di Sammarco

Scendiamo ora nel Salento con una cantina fondata negli anni Settanta a Cellino San Marco (Brindisi), da Franco Rizzello. Nata per la vendita di vino sfuso, l’azienda ha cambiato passo ed è oggi condotta dalla quarta generazione composta dai tre fratelli Marco che si occupa di produzione e amministrazione, , Carmine (personale) e Francesca Rizzello (amministrazione).

110 ettari di proprietà più 36 in affitto, la cantina ha una produzione di 600 mila bottiglie che potrà essere potenziata date le capacità e le ambizioni dei giovani al comando. «Attualmente il 90% della produzione va all’estero, ma da

2 anni stiamo lavorando a una rete vendita in Italia che comunque prevede solo il canale horeca», spiega Marco Rizzello, 29 anni, scuola agraria e fin da piccolo in campagna con il nonno.

L’etichetta prediletta della famiglia, è l’Archée, il Primitivo di Manduria: l’Amarone del Salento, come recita lo slogan aziendale, che arriva da un vigneto allevato ad alberello, con viti dai 60 agli 80 anni, nella zona di San Donaci. «Un classico senza tempo», è il Solemnis, Primitivo Igp, mentre il Verve è un Negroamaro in purezza. Sono alcune delle etichette della linea top dell’azienda,  come anche il Salice Salentino riserva Bisso, il rosato Murex o il Megale Hellas , Malvasia nera da vendemmia tardiva.

La «classica» è invece una linea più semplice, considerata intermedia, che comprende anche qui tutti i vitigni più espressivi del territorio.

 

Mottura

Barbara Mottura  Mottura

Barbara Mottura
Mottura

 

E’ in Salento la più grande delle nostre prime cinque aziende.  Mottura ha sede a Tuglie, a pochi chilometri da Gallipoli e i suoi vigneti crescono felici tra i due mari che accarezzano il tacco d’Italia, lo Ionio e l’Adriatico. «Un tempo si raccoglieva l’uva fin sulla spiaggia», racconta Barbara Mottura, entrata nell’azienda di famiglia nel 2002, responsabile del marketing e del controllo qualità. Assieme alla cugina Marta, che si occupa del controllo gestione, Barbara rappresenta la quarta generazione impegnata nell’azienda fondata dal trisnonno Pasquale nel 1927. 80 anni di storia e tanta strada. Come tante cantine pugliesi, anche qui si parte con le cisterne di vino in viaggio verso il nord. Gli affari vanno bene, il vino del Salento incontra sempre più fans e vengono aperti stabilimenti a Napoli, Roma, Milano. La svolta arriva negli anni Settanta con l’inizio dell’imbottigliamento e la cantina a poco a poco cambia pelle e strategie.

50 ettari di proprietà, 80 in affitto, 2,5 milioni di bottiglie, Mottura è oggi uno dei cardini dell’enologia salentina. Con una forte presenza nella Gdo «dove Mottura è il marchio pugliese più distribuito, nonostante un posizionamento di prezzo superiore alla media», precisa Barbara.

Presidente il papà Pasquale e responsabile della produzione lo zio Antonio, la cantina ha tre linee di prodotti. Oltre alle etichette a marchio Mottura presenti nella Gdo, lavora in esclusiva per la Esselunga con il marchio Villa Mottura e ha creato una linea top, battezzata Le Pitre, cui sta dedicando attenzione e investimenti particolari, a cominciare da un centro di vinificazione separato.

Partito nel 2005, il progetto Le Pitre punta ad esaltare le caratteristiche dei vitigni autoctoni, anche grazie  a specifiche ricerche clonali. Il risultato sono 4 etichette orgoglio della maison.  Tra le 4 proposte Le Pitre, per Barbara il

vino del cuore è il Primitivo: intenso, lungo, dai tannini soffici.

Poi c’è il Fiano in purezza che per una parte ( circa il 40% ) fa un leggero passaggio in barrique: è un bianco dalla buona struttura che si distingue dalla media dei bianchi pugliesi in gran parte da bere giovani.  Grande personalità il Negroamaro, declinato anche nella versione rosato.

Etichette che rivelano un’interpretazione personale del territorio alla ricerca più dell’eleganza che la forza.

 

 

 

 

 

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