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Le donne del vino piacciono alle banche. E’ la scoperta di una ricerca dell’Università di Siena su un campione di imprenditrici dell’Associazione Donne del vino, la più importante a livello internazionale tra le organizzazioni rosa del settore. Ed è una luce in fondo al tunnel: per la prima volta il divario dell’accesso al credito tra maschi e femmine, costantemente a sfavore di queste ultime, registra dati in controtendenza.

Una notizia, senza dubbio. Un recente focus dell’Economia del Corriere della sera proprio sul gender gap, fotografa infatti una situazione inquietante. Secondo il World Economic forum la disparità politica verrà colmata tra 95 anni e quella retributiva addirittura tra 257 anni. Non solo. Il Global Gender Gap Report 2020, fresco di stampa, segnala che l’Italia è scesa dal 70mo al 76mo posto mondiale nella classifica dei Paesi che attuano la parità salariale. Mentre il Global Wage Report 2018 -2019 dell’International Labour Organization ribadisce che le donne continuano a essere pagate circa il 20% di meno rispetto agli uomini. Non a caso tra i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile 2030 dell’Onu figura «la piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutti e la parità di retribuzione per lavoro di pari valore».
Insomma la situazione è critica e anche per questo i risultati dell’indagine dell’Università senese, pur riferiti a un universo contenuto, rappresentano una vera novità.
La notizia ha tenuto banco in occasione del convegno «Donne, vino e credito», svoltosi venerdì 31 gennaio a Siena, nella sede di Banca Mps, anteprima della quinta edizione dell’evento Wine&Siena (1-3 febbraio); evento voluto dalla Confcommercio e realizzato dalla Gourmet’s international di Helmuth Kocher, ideatore del Merano Wine Festival.
L’analisi voluta dall’Associazione Donne del vino si è svolta nel 2019 ed è firmata dal professor Lorenzo Zanni, con la collaborazione di Elena Casprini e Tommaso Pucci. Si rivolge alle 890 socie dell’Associazione e mostra che nel 97% dei casi le imprenditrici hanno ricevuto risposta positiva al finanziamento richiesto. Il 57% del campione (costituito dal 29% delle 432 socie produttrici) ha ricevuto il credito da banche locali, il 41,8% da istituti di credito nazionali e il 4,7% da altre fonti di finanziamento. In particolare le 86 cantine che hanno ottenuto credito sono nella maggioranza micro e piccole imprese.
Ma vediamo altri dettagli dell’analisi. Al questionario hanno risposto 167 socie di cui 127 con cantina. Il 56,9% delle risposte sono arrivate dal Nord Italia. Il 65% delle intervistate ha chiesto un credito negli ultimi 10 anni, spesso il finanziamento è inferiore alle attese ma solo il 3% si è vista negare l’erogazione. Da notare l’alta percentuale delle imprese che si sono basate solo sul proprio capitale. Colpisce che siano state soprattutto le imprese più piccole, quelle sotto i due milioni di fatturato annuo, a cercare l’aiuto delle banche. Si tratta di una dimostrazione di grande dinamismo perché questo denaro è stato impiegato per nuovi investimenti (72%) e non per la conduzione aziendale. La richiesta di credito è legata alla volontà di accrescere qualità, redditività e dimensione produttiva. Obiettivi che restano validi anche oggi, accompagnati da una cresciuta sensibilità ambientale e da un interesse per l’export ad ampio raggio.
A cosa si deve questo dato positivo che contraddice i risultati negativi di tutti i più recenti studi in materia, specie in alcuni comparti come l’artigianato e il commercio?
Secondo i ricercatori gioca a favore il profilo della donna manager del vino: età media 42 anni, alta scolarizzazione (il 52,3% ha almeno una laurea di primo livello), esperienza di almeno 12 anni in azienda, propensione agli investimenti su beni materiali e tecnici, più competenze di marketing che finanziarie. Più in dettaglio il 53, 5% delle intervistate è coinvolto nella proprietà dell’azienda, il 12,8% nel top management e il 12,8% è responsabile di una funzione aziendale. Percorsi professionali dettati da due principali motivazioni: continuare la tradizione di famiglia (sono ancora la maggioranza in Italia le imprese private a controllo familiare) e passione per il mondo del vino.
«Le donne del vino sono un campione privilegiato composto da persone che hanno studiato, a capo di aziende a forte vocazione internazionale, orientate sul biologico e su vini di alta qualità, come risulta da indagini effettuate anche di recente», sottolinea Donatella Cinelli Colombini, presidente nazionale dell’Associazione. «Scaturisce anche da qui la risposta positiva del mercato del credito, contrariamente a quanto avviene in molti altri settori economici, dove il gender gap è ancora forte».
Non solo. Il dato in controtendenza emerso dalla ricerca universitaria senese si deve anche al quadro positivo del mercato nazionale del vino. A cominciare da un export in continuo progresso, capace di sostenere e dare manforte ai bilanci delle imprese: secondo i dati Nomisma-Vinitaly, nel 2018 le esportazioni sono cresciute ancora del 2,9% dopo un decennio caratterizzato dal segno più.
«Il risultato scaturisce anche dall’andamento anticiclico dell’agricoltura rispetto alle difficoltà dell’economia italiana» conferma la presidente delle Donne del Vino mettendo in evidenza come «le cantine italiane, negli ultimi 5 anni, abbiano accresciuto fatturati e margini (+3,9% e + 5,8%), hanno esportato di più e hanno visto salire il valore delle vigne dell’1,2% ogni anno, un dato quest’ultimo che nelle zone più vocate è schizzato alle stelle». Uno scenario che le banche leggono molto favorevolmente a cui si aggiungono le ottime performance delle manager femminili green: «Le donne dirigono imprese che coprono il 21% della superficie agricola coltivabile SAU ma producono il 28% del Pil agricolo italiano. In Europa, il 42% di chi lavora in agricoltura e donna pari a oltre 26 milioni di persone» sottolinea la produttrice siciliana Lilly Fazio.