L’anticipazione della classifica 2023

I 27 big del mercato italiano del vino (dati dai bilanci 2023)

Anticipazioni Classifica 2023Più di 5,9 miliardi di fatturato totale, 3,8 miliardi di esportazioni, 1,8 miliardi di bottiglie: sono i primi dati 2023 del club over 100 milioni. Ovvero delle aziende vinicole che hanno chiuso l’ultimo esercizio con incassi superiori a 100 milioni e figurano al vertice della speciale classifica delle oltre 100 cantine più grandi d’Italia (che l’Economia pubblicherà nei prossimi mesi).

Per la prima volta, dopo alcuni anni di crescita, il numero dei big è rimasto invariato a quota 27: una prova in più di quanto sia stato complesso il 2023. Ci sono aziende che pur vicine al traguardo dei 100 milioni non sono riuscite a fare il grande salto o addirittura hanno fatto qualche passo indietro, rimandando l’appuntamento a tempi migliori. Del resto è stata dura per tutti: negli ultimi 12 mesi il mercato vitivinicolo italiano ha chiuso i conti con una flessione   di circa il 2%, per un giro d’affari totale di 14,1 miliardi (stima Osservatorio Uiv).

Ma cosa hanno combinato i protagonisti del club? Hanno sicuramente lavorato sodo per mantenere le posizioni. Dopo l’abboffata delle crescite a due cifre del 2022, gli incrementi del fatturato 2023 risultano molto più contenuti e non sono pochi i segni meno anche in questo club esclusivo: riguardano 8 cantine private e 3 cooperative. Si tratta comunque di big con le spalle grosse, capaci più di altri di far fronte a periodi difficili. E non mancano alcuni exploit.

Over100-Privati-Classifica2023 La nuova foto di gruppo mostra un vertice invariato. Il podio è sempre dominato dalla cooperativa Cantine Riunite & Civ, al primo posto della classifica (articolo sulle coop a pagina XX ). Sul secondo e terzo gradino del podio si piazzano le due maggiori realtà private di taglio industriale: Argea, 449,5 milioni, braccio vinicolo della Sgr Clessidra, e Italian wine brands, 429 milioni, gruppo vinicolo quotato in Borsa. In lieve flessione Argea (-1,2%), sostanzialmente stabile (-0,2 %) Iwb, le due superbig si muovono guardandosi a vista, lavorando soprattutto oltre frontiera: il loro peso export sul fatturato è rispettivamente dell’89% e dell’84%.  Entrambe sono a caccia di prede e i tempi sembrano favorire prossime novità.

Puntando l’obiettivo sui soli privati, si conferma al sesto posto, con 255 milioni di fatturato, il Gruppo Santa Margherita della famiglia Marzotto. Dopo l’exploit dello scorso anno, la casa veneta chiude un esercizio di consolidamento che risente della generale battuta di arresto sui mercati esteri, in particolare Usa, primo mercato del gruppo, dove il brand Santa Margherita, grazie al suo Pinot grigio,  è uno dei più conosciuti e quotati.

Al settimo e ottavo posto Marchesi Antinori e Fratelli Martini. Abbracciata alla più estesa proprietà viticola privata del mercato,  Marchesi Antinori, è un’azienda di produzione che ha chiuso in crescita l’ultimo esercizio a quota 245 milioni, relativi al fatturato del solo core business vino. La prestigiosa griffe toscana potrebbe figurare decisamente più in alto in graduatoria se presentasse il suo consolidato di gruppo come fanno tutte le altre aziende, ma, testarda come tutti i contadini, preferisce fare così.

A questo proposito va detto che, nella maggioranza dei casi, il consolidato delle cantine comprende anche attività relative a ristorazione, acque minerali, distillati, alcol, lavorazione scarti della trasformazione dell’uva.

La piemontese Fratelli Martini, di taglio più commerciale, ha guadagnato un posto in graduatoria con 233 milioni. Il suo fatturato totale tiene conto di una forte crescita sul mercato domestico, grazie anche al marchio Sant’Orsola leader nel canale Gdo, e di una flessione all’export dovuta anche al lavoro di valorizzazione dei prodotti in portafoglio, con una contestuale riduzione dei contratti di private label.

Sempre sul fronte privato, al 13mo posto, Gruppo Zonin 1821 scende sotto i 200 milioni fermandosi a quota 193,5: ciò si deve alla decisione del gruppo veneto di andare avanti nell’opera di valorizzazione della sua produzione, anche a costo di perdere volume, come dimostra anche la riduzione del numero di bottiglie da 50 a 48,6 milioni.

Nel giro di un anno Mack & Schuhle Italia scala 12 posizioni e conquista il posto 14 con  172,4 milioni di fatturato, pari a un exploit che sfiora il 67%. La grande azienda imbottigliatrice pugliese ha realizzato incrementi monstre sia in Italia (+98%) che all’estero (+51,5%) da dove proviene più del 60% del suo giro d’affari realizzato lavorando esclusivamente con la grande distribuzione organizzata, rete di clienti storici che si sta ampliando.

Ancora fuochi d’artificio: il gruppo toscano Piccini mette a segno un progresso del 52,7% e sale a quota 16 partendo dal 23mo posto. La crescita esplosiva si deve in particolare all’acquisizione di Cide, partner imbottigliatore nell’area del Prosecco con un giro d’affari nell’ordine di 35 milioni, alimentato anche dalla controllata società di distribuzione tedesca che ha preso oggi il nome di Piccini CMBH.

Al 17mo posto si conferma la Marchesi Frescobaldi, griffe toscana di produzione pura, con etichette di pregio affermate nel mondo. Il suo sviluppo è stato particolarmente vivace sul difficile mercato domestico, dove ha realizzato un incremento vicino al 15%.

Nuovo salto in alto della Mionetto che registra un incremento del fatturato del 10% e si accomoda al 18mo posto con 153,5 milioni di fatturato. L’azienda che fa capo al gruppo tedesco Henkell-Freixenet (tra i maggiori operatori di bollicine al mondo) è tra i marchi leader di Prosecco docg.

Segue al 19mo posto il Gruppo Lunelli: di proprietà dell’omonima  famiglia, tra le più affermate nel mondo vino, custodisce nel suo portafoglio le note bollicine Ferrari. L’azienda trentina chiude a 145,8 milioni (- 4,5%).

Occupa il 20mo posto e gira l’anno in positivo (+2,25) la Schenk italian winery con 141,5 milioni. Braccio in Italia della multinazionale svizzera della famiglia Schenk, l’azienda continua a comprare vigneti, soprattutto in Puglia e in Toscana a corredo di due aziende di punta.

Tra le firme più conosciute del Prosecco, nelle sue declinazioni Doc, Docg e Asolo docg, la trevigiana Villa Sandi, dopo il bilancio record del 2022 chiude il 2023 a 131 milioni, con una flessione del 9,7% che è attribuita alle grosse scorte fatte dai clienti l’anno precedente.

Tiene il fatturato di Contri spumanti, grande casa spumantistica controllata dalla Hyle Capital Partners: al 25mo posto, con 107,6 milioni. Contri opera anche nell’area del Lambrusco.

La fase di stanca dei mercati Usa e Canada, pesano sui risultati del Gruppo Ruffino, braccio italiano dell’americana Constellation brand: nonostante il progresso a due cifre in Italia, i conti dell’export piegano il risultato finale del 13,8%.

Al contrario, sono le vendite all’estero che hanno spinto il fatturato della Serena wines guidata dall’omonima famiglia: tra le aziende di riferimento nell’area del Prosecco docg, chiude con 103 milioni la rosa dei big.

Le coop presenti nel club dei 27 big

Over100-Coop-Classifica2023Il club over 100 milioni comprende 11 cooperative. Sono la punta di diamante della cooperazione vitivinicola nazionale e insieme rispondono di un di fatturato di 2,7 miliardi, 1,5 miliardi di export e 896 milioni di bottiglie.

Dominano il mercato, le Cantine Riunite & Civ , al primo posto della graduatoria, con un giro d’affari di 670,6 milioni, alimentato in larga parte dal controllato Gruppo italiano vini che porta alla casa madre ben 455 milioni, governando a sua volta 15 cantine in tutta Italia. La numero uno flette del 4% rispetto allo scorso anno. Il risultato sarebbe stato anche più pesante se le Riunite non avessero potuto contare sulla distribuzione dei vini Cavicchioli (valgono circa 20 milioni) commercializzati fino allo scorso anno dal Giv: sottrazione che ha ovviamente determinato un decremento del fatturato della grande società di Calmasino nel veronese. A quarto posto ecco Caviro una delle realtà cooperative più forti e strutturate, con un consolidato di 423,1 milioni (+1,37%). Il gruppo di Faenza deve questo risultato anche all’apporto di Caviro Extra, società dedicata alla trasformazione dei sottoprodotti della vinificazione.

Il quinto posto è di Cavit: grande consorzio cooperativo trentino che ha girato la boa 2023 con il segno più, superando i 267 milioni. In nona posizione con 225 milioni, c’è La Marca vini e spumanti, consorzio leader nell’area del Prosecco docg. Dopo i ripetuti exploit degli ultimi anni, la frenata del 2023 (-4,2%) si deve alle generali difficoltà sui mercati esteri da cui deriva l’87% del suo fatturato.

Ha chiuso in crescita Mezzacorona, nota coop trentina di primo grado, che si consolida al decimo posto con 217,7 milioni alimentati per l’81% dall’export. A quota 11 ecco il protagonista della maggiore novità all’interno del club over 100. Si tratta del Collis Veneto wine group: nell’arco di un anno ha scalato ben 10 posizioni, passando da 127 a 209 milioni di fatturato, a seguito di un’importante operazione (vedere box in questa pagine).

Al dodicesimo posto, con 196,7 milioni, Terre Cevico, è stata tra le poche grandi aziende capace di realizzare un incremento a due cifre del  fatturato, +17%, grazie anche alla spinta dell’export. L’azienda romagnola ha appena smesso gli abiti da consorzio per assumere quelli di cooperativa di primo grado. La trasformazione, valida dal 1 gennaio 2024, è avvenuta con l’incorporazione di Le Romagnole, Romagnole Due, Winex, Due Tigli, Enoica e Rocche Malatestiane. Gli effetti dell’ operazione saranno visibili nel prossimo bilancio.

Non è stata la crescita stratosferica dell’anno scorso (+42%), ma chiude comunque con il segno più (+4,4%) il gruppo Vi.V.O cantine, tra le maggiori realtà del Veneto orientale. La cooperativa marcia secondo due direttrici di sviluppo: ampliamento della superficie vitata (oggi circa 6100 ettari) e investimenti in innovazione, attrezzature e capacità di stoccaggio.

Scende al 21mo posto la cooperativa Cadis 1898 con 141 ,3 milioni (-1,71%). L’ultracentenaria cooperativa veneta, alle prese con un improvviso cambio al vertice operativo, riunisce sotto il suo cappello ben quattro importanti denominazioni: Soave, Valpolicella, Durello e Bardolino.

Al 22mo posto è la volta del Gruppo Cantine Ermes. La realtà siciliana, a quota 138,3 milioni, +6,3%, vanta caratteristiche particolari. Tra le coop di primo grado, è quella che possiede la maggiore superficie vitata (13.646 ettari) ed è anche l’unica che può definirsi multiregionale operando in Sicilia, Puglia, Veneto, Emilia Romagna e dallo scorso gennaio anche in Lombardia, in particolare nell’Oltrepò Pavese, grazie all’acquisto della Cantina di Canneto.

Chiude le danze, al 24mo posto, la Vignaioli Veneto Friulani, con 109,4 milioni,+1,3% sul 2022. La coop di Fontanelle, nel trevigiano,  è socio importante del Consorzio La Marca, assieme ad altre 7 coop di primo grado.

La nuova Collis Veneto wine group

«La sostenibilità deve essere un elemento qualificante del nostro cammino:

oggi già disponiamo della certificazione di un ente di alto livello come Equalitas che per la prima volta ha certificato un soggetto partendo da ben 300 viticoltori nostri soci. Tutte aziende, sottoposte a un lungo percorso di valutazione, che producono quantitativi significativi di uva destinata alla produzione di Amarone e vini della Valpolicella, Pinot grigio delle Venezie e Prosecco. E’ il punto di forza del nostro progetto di filiera, al momento unico, che ci differenzia da tutti». E’ l’orgoglio di Pierluigi Guarise, ad di Collis Veneto wine group. Una grande realtà cooperativa, con un giro d’affari di 209,4 milioni, all’undicesimo posto della classifica delle più grandi società vitivinicole italiane, con 6000 ettari di vigneti nelle aree di Verona, Vicenza e Padova, 2000 famiglie, 5 cantine, 3 siti dedicati alla produzione e all’imbottigliamento e 32 wine shops in Italia. Il tutto in 15 anni, con un investimento complessivo di 100 milioni.

Nata a Monteforte d’Alpone, nel veronese, nel 2008, nel giugno dello scorso anno Collis ha deciso di cambiare pelle. Ha inglobato le cantine sociali fondatrici e le loro partecipate, trasformandosi da consorzio a cooperativa di primo grado: strada maestra per avere un controllo completo della filiera, dall’uva alla bottiglia, e per rafforzare il legame con i propri soci. Non contenta, ha anche realizzato un’importante fusione per incorporazione all’interno del gruppo, tra Cantine Riondo  (specializzata in bollicine) e Casa Vinicola Sartori 1898 (storico produttore di vini della Valpolicella). Risultato: la nascita di Collis Heritage, spa che parte già grande, con un giro d’affari di circa 100 milioni, 40 milioni di bottiglie e presenza in 70 paesi, controllata per il 75% da Collis e per il 25% dalla famiglia Sartori. Gli obiettivi?

«Collis Heritage si muoverà in linea con le sue due anime», spiega Guarise, anche ad della controllata. «Da un lato i prodotti premium legati ai valori di Sartori, dall’altro le bollicine in tutte le loro espressioni affidate alla giovane Riondo, che avrà anche il compito di creare quei prodotti aromatizzati a basso contenuto alcolico e poveri di calorie che vanno incontro alla richiesta dei più giovani: siamo attenti valutare le tendenze», aggiunge Guarise, «e quella di abbattere il tenore alcolico sarà perseguita anche nella produzione dei nostri vini comuni, sia pure all’interno dei rispettivi disciplinari».

 

Anna Di Martino

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