Bolgheri: una Doc al galoppo

Bolgheri_2019-81874«Senza i lavoratori extracomunitari, e in particolare senza le comunità di senegalesi e marocchini, non potremmo andare avanti e non ci sarebbe la meraviglia che voi potete vedere qui intorno»: parola di Federico Zileri Dal Verme, presidente del Consorzio per la tutela dei vini Doc Bolgheri. L’imprenditore bolgherese, anche proprietario dell’azienda agricola Castello Bolgheri, ha chiuso così, al Teatro Roma di Castagneto Carducci, il racconto dei primi 25 anni di vita della celebre Doc, tratteggiato dall’esperienza diretta e dalle emozioni di importanti protagonisti-produttori, vecchi e nuovi. La magnifica sottolineatura di Zileri moltiplica il valore di un territorio che nutre vini cult del panorama vitivinicolo nazionale e internazionale, a cominciare dal tris d’assi Sassicaia, Masseto, Ornellaia; che si è imposto alla velocità del suono come zona eletta di produzione di grandi vini; che esprime un’alta qualità diffusa e crescente declinata da etichette amate da critica e consumatori, come Guado al Tasso, Paleo, Messorio, Grattamacco, Sondraia, Argentiera.
Vini-&-Cipressi-1193Un territorio che rappresenta un vero e proprio «miracolo italiano: perché è difficile trovare un altro posto dove nell’arco di una generazione si è saputa creare una denominazione conosciuta in tutto il mondo », sottolinea Albiera Antinori, presidente della storica casata toscana che a Bolgheri possiede la Tenuta Guado al Tasso, uno dei gioielli della Marchesi Antinori, quello cui la famiglia è più legata, perché sono qui terra e mare delle vacanze familiari.
E’ un fatto che questo angolo della Toscana, nell’area di Castagneto Carducci, tra le colline e il mare, dolce e selvaggio al tempo stesso, possieda doti speciali. Ma nulla della Bolgheri di oggi era prevedibile quando, nel 1972, il Sassicaia da vino per la famiglia decise di aprirsi al mercato. Il successo è arrivato presto e non solo in Italia,

attirando l’attenzione di quel pugno di pionieri che ha posto le basi del futuro sviluppo di questa terra: dai fratelli Antinori (Lodovico con Ornellaia e Piero con Guado al Tasso) a Piermario Meletti Cavallari (Podere Grattamacco), da Michele Satta a Eugenio Campolmi e Cinzia Merli (Le Macchiole). Insomma se Bolgheri è quel che è, si deve all’intuizione di Mario Incisa della Rocchetta, un piemontese appassionato di vini francesi, e “molto cocciuto”, come ha ricordato la nipote Priscilla Incisa della Rocchetta, brand ambassador del Sassicaia nel mondo. Arrivato a Bolgheri, a seguito delle nozze con la contessa Clarice della Gherardesca (la famiglia dei conti signori del territorio dal X secolo) Incisa della Rocchetta ha di fatto creato un mito.


Ma questa, ormai, è storia. Da quei gloriosi anni Ottanta, che tennero a battesimo anche il primo disciplinare di tutela dei vini Bolgheri ( nel quale però si erano dimenticati dei vini rossi!) è scaturito un interesse crescente per il territorio, con la revisione della Doc per comprendere i vini rossi, il blend Cabernet e Merlot e istituire la sottozona Bolgheri Sassicaia all’interno della Tenuta San Guido (diventata in seguito Doc indipendente), la creazione del Consorzio di Tutela fondato da 7 soci e presieduto da Nicolò Incisa della Rocchetta, l’arrivo massiccio di nuovi investitori, soprattutto dalla fine degli anni Novanta.
“Il gusto internazionale si è formato su questi vini. Qui c’è qualità totale, qui può nascere una seconda Napa Valley”, sostiene Giovanni Geddes che coccola e cura la tenuta Ornellaia, gemma preziosa del bolgherese e del gruppo Frescobaldi.
D’altra parte, se è indiscutibile il merito dei pionieri, la passione e l’impegno di chi è arrivato in seconda battuta, dal marchigiano Giovanni Chiappini, al veneto gruppo Allegrini (Poggio al Tesoro) la dicono lunga sulla spinta e il sostegno che questa terra riceve dai suoi produttori. I quali sono ricambiati da un disciplinare di produzione che concede grande libertà operativa, come dimostra anche l’inclusione nella Doc dei vini prodotti da una sola delle tre uve principali della denominazione: Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot. «E’ un disciplinare che lascia grandi spazi e noi ne abbiamo sicuramente beneficiato», dice Antonio Capaldo alla guida della campana Feudi di San Gregorio, sbarcato a Bolgheri pochi anni fa acquistando Campo alle Comete «con l’obiettivo di avere una maggiore capacità di penetrazione all’estero».
«Penso che oggi sarebbe utile un rapporto pubblico-privato per mantenere l’integrità del territorio», afferma Marilisa Allegrini, anche sostenitrice della creazione di una scuola di formazione dedicata ai giovani.
Va da sé che alla fine di questa galoppata attraverso l’iconico Viale dei Cipressi di Carducciana memoria, i 7 soci fondatori del consorzio sono diventati 56, gli ettari coltivati sono passati da 190 a 1.370, il numero di etichette si è moltiplicato e le vendite crescono: la Doc Bolgheri è oggi l’unica in Toscana a registrare un incremento a due cifre.

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