Vini da investimento, ma anche, e soprattutto, da bere

«Prima di tutto è un piacere da condividere con amici. Poi è anche un vino su cui investire: questo è un plus di cui siamo molto felici». Renzo Cotarella è il ceo di Marchesi Antinori, blasonata griffe italiana del vino, presente con due grandi rossi, Tignanello e Solaia, nell’indice londinese Liv-Ex 100. La Borsa dei vini di pregio (o fine wines per dirla con gli addetti ai lavori) che monitora l’andamento delle 100 etichette più gettonate al mondo sul mercato secondario. Come il Tignanello: esce dalle cantine Antinori  a 60 euro e decolla sul mercato, con valori che oscillano tra 130-150 euro. Realizza così una delle migliori performance in questo esclusivo paniere, e resta anche alla portata di chi vuole bere il meglio e può concedersi questo e altro. Ecco a voi un vino da investimento. Come anche il mitico Sassicaia della Tenuta San Guido (l’ultima annata esce dalle cantine intorno a 120 euro e viaggia nelle enoteche sui 300 euro), o l’Ornellaia dei Marchesi Frescobaldi che moltiplica in scioltezza gli oltre 120 euro di partenza. Solo alcune indicazioni, raccolte sul campo, di etichette che figurano da sempre nella borsa del vino londinese, il cui valore dipende, ovviamente, anche dal numero di bottiglie in circolazione: meno sono più il prezzo va alle stelle.

Il Liv-Ex 100 è stato creato nel 2000 da due broker all’ingrosso di vini importanti che, a fronte di una crescente domanda, hanno voluto creare un indicatore affidabile. E così è stato: l’indice di Londra è infatti diventato quello di riferimento per collezionisti e investitori specializzati. Semplificando al massimo, la borsa segue i movimenti di 16 mila diverse etichette sul mercato secondario, per un controvalore giornaliero di 100 milioni di euro. Tra tutte queste, le 100 più scambiate confluiscono nell’indice Liv-Ex 100, mentre ogni grande territorio del vino è rappresentato da uno specifico indicatore. L’Italy 100 è quello italiano. Si tratta di un mercato di nicchia, ma molto attraente: l’investimento in vini di pregio si sta infatti rivelando uno dei più redditizi, con risultati di rilievo. Quali? Il termometro puntuale dell’andamento dell’indice di Londra, è di winenews.it, uno dei siti del vino italiano più seguiti e informati  che segue passo passo anche le performance delle varie etichette comprese in questo speciale listino.

Liv-Ex 100: sono 16 i vini italiani

Liv-Ex 100: sono 16 i vini italiani

Ebbene lo scorso anno il Liv-Ex 100 ha guadagnato il 6,9%, mentre l’Italy 100 è salito fino al 9,8%. Di più. Passando dal breve al medio periodo, si scopre che negli ultimi 5 anni il Live-Ex 100 ha spuntato una crescita del 34,2%  e il Liv-Ex Italy ha fatto anche meglio, con una performance del 46,8%.

Tanto per avere qualche paragone, in Borsa, nello stesso periodo, il Nikkei 225 è lievitato del 14,6%, lo Standard & Poor 500 del 43,6% , il Dow Jones del 34,1% e solo il Nasdaq ha fatto meglio con una crescita del 51,6%.

Ma attenzione. Chi pensa di aver trovato un tesoro nella cantinetta di casa scoprendo una vecchia bottiglia di un vino famoso comprato dal nonno, si sbaglia di grosso.

L’investimento in vino richiede preparazione, competenza e alcune precondizioni essenziali. «Riguarda pochissime etichette di brand che siano al top per storia, prestigio e qualità riconosciuta a livello internazionale», scandisce Alessandro Regoli, direttore e fondatore del sito creato 23 anni fa. Non solo. «Sono vini di grandi territori, di vendemmie perfette, di tirature limitate, di conservazione a regola d’arte: tutto questo è il presupposto di una rivalutazione nel tempo».

Da qui l’impegno meticoloso delle cantine produttrici.

«Per Tenuta San Guido è prima di tutto un onore che il Sassicaia sia nominato tra i migliori vini di Liv-Ex. E’ un riconoscimento che ci ricorda la grande responsabilità che oggi tutti noi abbiamo nei confronti di chi ha il vero merito di aver raggiunto questi risultati: il Marchese Mario Incisa della Rocchetta, suo figlio il Marchese Niccolò e a loro volta, la figlia Priscilla con i 4 cugini Jozsef, Giovanni, Piero e Stefano che supportano la Tenuta. Oltre alla famiglia, tante persone hanno contribuito a definire l’identità dei nostri vini. Da Giacomo Tachis, famoso enologo, alle persone che lavorano sul terreno e in cantina anche da  tre generazioni, tramandandosi la passione per questo territorio. Crediamo che tutto questo si riassuma ed esprima nei vini prodotti dall’azienda», dice Alessandro Berlingieri, presidente della maison che produce il celebre rosso di Bolgheri.

«Gli investitori sono per la Tenuta molto importanti perché come noi puntano a creare valore nel lungo termine. Dobbiamo sempre valutare quali saranno le conseguenze di quello che facciamo oggi, considerando tutto quello che influisce nella creazione del vino: il lavoro sui terreni in vigna ma anche in tutti i 2.500 ettari della proprietà al fine di mantenere il clima giusto per far crescere bene l’uva, come la manutenzione degli alberi perché possano fornire ombra e frescura, e dei prati per umidità e nutrimento del terreno. Un ambiente si crea in tantissimi anni e tutto, compreso l’approccio alla natura, incide poi nella produzione del vino».

Nonostante un inizio 2023 al rallentatore, l’Italy 100 prosegue una marcia positiva (+1,1% lo scorso febbraio) poggiando sulla forza dei grandi brand soprattutto toscani e piemontesi: come Giacomo Conterno (per tutti mister Monfortino, il barolo più costoso al mondo), Bartolo Mascarello, Gaja, Bruno Giacosa, tutte grandi firme del Barolo e del Barbaresco. Non mancano le new entry: come Fontodi, presente con il supertuscan Flaccianello della Pieve, la cui ultima annata 2019, parte a 60 euro per superare subito i 120 euro. «E’ importante che il prezzo si mantenga accessibile anche per le carte dei ristoranti, in modo che ci sia un equilibrio e il vino non finisca solo nelle cantine dei grandi collezionisti», sottolinea Giovanni Manetti, proprietario con la famiglia dell’azienda di Panzano in Chianti.

Ma chi vanta le migliori performance? In base al termometro Winenews, negli ultimi 12 mesi, ai primi due posti ci sono Solaia 2014 (+24,1%) e Tignanello 2017 (+23,4%) di Antinori. Sul terzo gradino c’è Ornellaia 2010 (+22,5%), uno dei due rossi cult di Frescobaldi assieme al Masseto: «L’attenzione al dettaglio, dall’impianto della vigna alla messa in bottiglia, per il piacere di vedere partire un vino, ambasciatore del territorio, che arriverà sulle più belle tavole del mondo», commenta il presidente Lamberto Frescobaldi.

Arriva dal Piemonte la spinta al 2023: top performer dei primi mesi  è il Barbaresco 2015 di Gaja (+21,8%).

Insomma è un momento buono per i vini da investimento, ma in prospettiva, se qualcosa andasse storto ci si può affidare alle sagge parole di Gianni Agnelli, grande collezionista di vini cult. In occasione di una intervista rimasta alla storia, l’avvocato sentenziò: «Preferisco investire in vino piuttosto che in azioni: se con il vino va male almeno me lo posso bere, con le azioni invece non posso farci niente!».

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